sabato 8 febbraio 2014

Il dittatore di Marmellata



Il vento soffiava gelido dalle montagne, tutto ormai era cambiato. Il cielo andava ricoprendosi di nuvole gonfie di pioggia, si avvertiva un forte odore di umidità nell’aria.
Greg se ne stava seduto sulle rocce a osservare la valle e l’immensa distesa di alberi da frutta tra i quali era cresciuto fin da piccolo. Il fruscio delle foglie alimentava in lui la malinconia.
“Possibile che sia accaduto tutto questo?” pensava mentre una lacrima sgorgava lenta sul suo viso pallido e infreddolito. In lontananza scorreva il fiume, divenuto un rigagnolo in quegli ultimi mesi. L’acqua piovana tentava di ridargli il vigore di un tempo, ma ben presto tornava a essere lo squallido fiumiciattolo che attraversava la vallata ormai spoglia e malata. 
Ogni giorno Greg se ne andava lassù in cerca di un po’ di tranquillità. Quei luoghi incantevoli sapevano donargli una sensazione di pace che sapeva di antico, di tempi meravigliosi ormai tramontati. Sedeva sulle rocce in prossimità della boscaglia, su quei massi lisi dalle piogge di un tempo e ricoperti di muschio ed erbacce alte quasi mezzo metro. Sedeva lì, tutto solo, esule figlio di un mondo ostile. Il suo sguardo si spingeva fino all’orizzonte, dove nei pochi spazi sgombri di nubi le tonalità celesti assumevano sfumature bluastre e cupe. I tramonti dell’infanzia erano un ricordo lontano. Ora la notte giungeva più rapida e decisa, la volta nera priva di stelle e di corpi luminosi sostituiva il giorno. Il sole tramontava timidamente, dopo una giornata offuscata e trascorsa nell’ombra. Nei giorni gloriosi degli anni passati splendeva alto nel cielo riscaldando tutta la vallata; i suoi raggi caldi penetravano anche negli antri più oscuri, raggiungendo le radici delle grandi piante della foresta, fin dentro le grotte delle montagne. Gradazioni di colore rosa acceso divenivano lentamente violacee, fino a dipingersi in un quadro meraviglioso dalle tonalità giallo ocra pronte a far da sfondo a un fuoco rosso vivo. Infine, anche nelle brevi ore del suo riposo, donava parte della sua luce alla luna e alle stelle che brillavano in cielo rendendo la notte meno buia. 
Ma ora, nei tempi cupi, le nuvole e la polvere soffocavano l’azzurro. Sulle montagne l’erba era alta e ancora abbastanza verde, ma non nella vallata. La vegetazione un tempo fitta si era ben presto sfrondata, erano cresciuti pochi nuovi alberi. Tutto era arido e secco, il caldo opprimente uccideva quegli alberi coltivati con amore e saggezza, che contraccambiavano con la miglior frutta della regione. 
Un tuono squarciò il silenzio delle memorie di Greg. Mestamente si alzò per tornare dai suoi compagni che intanto stavano discutendo rumorosamente all’interno della capanna. Quella sera era stata indetta una consulta. Bisognava decidere il da farsi. La situazione si era aggravata notevolmente. 
Greg cominciò a correre, dirigendosi verso il villaggio. Nascosto tra le fronde del bosco fitto e buio sorgeva un accampamento di poche tende realizzate con foglie e corde di paglia intrecciata. Poco più in là vi era una capanna in legno, di modeste dimensioni, ma sufficiente per accogliere tutti gli abitanti del villaggio durante le riunioni serali. All’interno era stato acceso un falò mentre tutti mangiavano e riferivano le novità che giungevano dall’altra parte della vallata. Il paese ormai era stato abbandonato da tempo. 

Greg addentò la focaccia con avidità. Il cibo non era molto e veniva razionato in modo che tutti potessero averne una parte. Al mattino una scodella di latte e una fetta di pane con burro, e la sera una focaccia preparata dalle donne con radici dolci e, se si era fortunati, fragole di bosco, mirtilli, bacche, noci e un po’ di frutta razziata nella valle. 
In una piccola caverna, un probabile rifugio abbandonato da qualche animale della foresta, era stato allestito un piccolo magazzino con tutto ciò che era stato messo da parte per affrontare la vita sulle montagne. In paese non era rimasto più nulla, da anni ormai gli abitanti non vi facevano ritorno: nella vallata deserta la polvere ricopriva ogni cosa, il vento caldo soffiava costantemente facendo sbattere le ante delle finestre. Qualche porta era stata divelta. Le incursioni si erano succedute spesso dall’arrivo dei soldati, ma poi questi erano divenuti numerosi e penetrare di nascosto in paese era divenuta impresa quasi impossibile.
Greg si pulì la bocca con il dorso della mano destra, qualche briciola cadde sulle ginocchia. Le raccolse con le dita e le inghiottì. Spesso ricordava il giorno in cui tutto era cambiato, anche se cercava di spazzare quelle immagini dalla sua mente. Ricordava i profumi inebrianti che solleticavano le sue narici: la dolcezza nell’aria, gli odori e i colori si mescolavano nella squisitezza della vita che conduceva. Era spensierato, allegro, felice di alzarsi presto la mattina per recarsi insieme agli altri nei campi. Il fischiettio degli uccellini rendeva danzante ogni suo movimento, Greg ballava e cantava, e con lui tutti gli abitanti del paese. Fischiettando imitava i soavi richiami degli animali che giungevano dagli alberi durante il raccolto, li invitava a unirsi a loro e l’incanto si compiva alle soglie del paese quando fringuelli, passeri e scoiattoli, cerbiatti e leprotti si univano agli abitanti per aiutarli a riempire le ceste di frutta. Ma poi in lontananza aveva visto la polvere. Una nuvola immensa aveva oscurato il sole, la brezza estiva era improvvisamente mutata in un vento arido. La terra aveva tremato, pesanti zoccoli avevano scosso il suolo da est. Il mondo di Greg era andato incontro a una terribile svolta.

Era arrivato come una furia. Il cavallo dal manto grigio nitriva furibondo mentre il suo cavaliere strattonava bruscamente le briglie. Il silenzio era piombato pesante come un macigno. 
«Io sono Re Gustav III, Signore delle Terre Aride, delle Terre Incolte e dei Paesi Morenti, Generale e Comandante Supremo della Milizia. Chi comanda qui?» aveva esclamato a gran voce il piccolo uomo a cavallo.
Gli abitanti lo avevano osservato con gli occhi strabuzzati. Il Generale era sceso da cavallo goffamente. Era un individuo piuttosto buffo. Basso e grasso, indossava una divisa militare che gli stava stretta, i bottoni della giacca erano quasi del tutto scuciti. I pantaloni erano infilati in un paio di stivali neri lucidi con tacchi spessi. Un paio di occhialetti tondi affondavano nel viso roseo e paffuto. Aveva dei lunghi baffi e un cappello largo gli copriva la fronte. Sul petto erano appuntate decine di medaglie, molte delle quali d’oro.
«Allora?! Nessuno è il capo qui?» aveva chiesto in tono minaccioso mentre andava aggiustandosi i calzoni. I suoi occhi piccoli e neri avevano contemplato severi gli abitanti che erano rimasti in silenzio. Erano stupiti di trovarsi di fronte un tale così bizzarro. Dietro di lui nel frattempo erano giunti una dozzina di soldati. Avevano marciato a lungo a giudicare dalle divise impolverate e sudice.
L’arrivo del militare aveva colto di sorpresa gli abitanti della valle. Nessuno immaginava quale fosse il motivo della sua visita. O meglio, nessuno poteva nemmeno lontanamente pensare che quel piccolo individuo avesse deciso di stabilirsi nella loro terra. Nei giorni a seguire fece accampare i suoi soldati in città e stabilì il proprio comando nella casa di Goram, lo zio di Greg, nonché capo del villaggio.
L’allegria del paese si era dissolta. Gli abitanti si erano riuniti per decidere come affrontare l’insolita situazione, ma i soldati erano intervenuti con la forza per disperderli. Quando Re Gustav passeggiava per le strade pretendeva che gli abitanti si inchinassero di fronte a lui. Non aveva mai fornito spiegazioni riguardo al suo arrivo e tutti avevano sperato che fosse solo di passaggio e che presto se ne sarebbe andato.
Ma venne il giorno in cui si compì uno scempio tale da indurre gli abitanti a ribellarsi all’oppressore. I soldati avevano assistito al raccolto della frutta ormai matura e se l’erano fatta consegnare per ordine del Generale, il quale l’aveva versata nello sterco dei cavalli. Odiava la gente del posto, la loro frutta e tutto ciò che li riguardava. Ne era seguito un parapiglia tra gli abitanti e i soldati, i quali avevano prevalso costringendo il popolo alla fuga sulle montagne.

Il Generale si era rivelato un essere spregevole e gli abitanti erano venuti a conoscenza della sua triste fama. Da anni vagava per le terre di tutto il mondo per distruggere ciò che incontrava sul suo cammino. Nei luoghi dove si fermava lasciava solo morte e distruzione. Era un uomo meschino e crudele e pare che tutto il suo odio verso il mondo fosse nato dalla solitudine in cui viveva. I suoi soldati non erano altro che mercenari pronti a tutto pur di guadagnare un po’ di denaro. Gente senza scrupoli, dedita alla guerra. Ubbidivano ai suoi comandi e basta. Tutti sottostavano alla sua volontà: era estremamente egoista e non gli importava di niente e nessuno. Odiava il mondo. Odiava le persone, gli animali e la natura. Per questo distruggeva tutto ciò di bello che incontrava. 
Ma pochi in realtà sapevano che Re Gustav III era stato un uomo buono un tempo. Aveva governato nel Regno del Benessere regnando con saggezza e prosperità. Era buono, ricco e magnanimo e i suoi sudditi erano felici. Tuttavia i paesi vicini, che vivevano nella povertà, tra pestilenze e carestie, avevano chiesto il suo aiuto, ma lui aveva rifiutato, temendo la disapprovazione del suo popolo. 
Un giorno un terribile incendio distrusse il suo regno e lui fu l’unico sopravvissuto. Era fuggito chiedendo aiuto alle popolazioni delle terre vicine, ma queste l’avevano allontanato ed era rimasto solo. Si era ammalato e la pazzia lo aveva travolto. Con il denaro rimasto aveva assoldato alcuni uomini e aveva formato un esercito. Si era proclamato sovrano di tutte le terre che andava conquistando e man mano distruggendo. Aveva deciso di far fare la stessa fine del suo regno a tutte le terre che avrebbe attraversato. Dopo anni di razzie era infine giunto nel piccolo paese di Marmellata. 

Greg osservò i suoi amici prima di prendere la parola. Dando inizio alla consulta raccontò ciò che aveva appreso dagli alberi del bosco. Gli abitanti, in fuga ormai da mesi, si guardarono stupiti. Sapevano di essere in balìa di un uomo in preda alla follia. La loro terra, un tempo floridissima, stava soccombendo sotto la polvere e la cenere. Re Gustav aveva prosciugato il fiume e i continui incendi nei boschi avevano sollevato un’incessante coltre grigia che oscurava il cielo. La pioggia tardava a arrivare, quasi come se fosse il Generale a impedirlo. La situazione era davvero critica, gli alberi da frutto stavano morendo e gran parte del raccolto era andato perduto. Il Generale si era proclamato Sovrano Indiscusso di Marmellata, ma per gli abitanti altro non era che un despota dal cuore ignobile e un uomo debole che sapeva farsi strada solo con l’uso della forza. 
Greg raccontò che i frutteti avevano tentato la fuga cercando di sradicare le proprie radici, ma molti prugni, meli e altri alberi da frutta erano stati abbattuti dall’esercito del Generale. 
Nella consulta gli abitanti di Marmellata presero una decisione. Finalmente, dopo anni di passività, decisero di ribellarsi. Ben presto si resero conto che nulla potevano contro l’esercito del Generale, i suoi soldati erano feroci e armati, mentre loro erano troppo deboli per affrontarli. Decisero così di chiedere aiuto al Grande Albero e si riunirono attorno alla quercia secolare in cima alla montagna. La notte trascorse in attesa di un segno, di un indizio che li avrebbe guidati verso la liberazione.
All’alba del giorno seguente il segnale tanto atteso arrivò. Greg, che si era appisolato a ridosso delle enormi radici, si destò improvvisamente. Uno scoiattolo arrampicatosi su un ramo scivolò facendo cadere una bacca rossa che teneva stretta fra le piccole zampe. La bacca precipitò sfracellandosi sulla fronte di Greg e riempiendolo di un liquido denso e colloso color porpora. Quelli che assistettero alla scena si sbellicarono dalle risate. Greg si portò le dita al volto per levarsi il frutto spappolato. Osservò divertito la polpa tra le dita ed ebbe l’illuminazione. 
«Credo che il Grande Albero ci abbia mandato un messaggio. Il Generale ci ha cacciato dalle nostre case, ci ha tolto il lavoro, ha ferito la nostra terra. Noi viviamo della frutta che i nostri alberi ci donano ogni anno. Abbiamo reagito quando Re Gustav ci ha umiliato riversando la frutta nello sterco degli animali. Ma i suoi soldati ci hanno perseguitato. In questi anni di esilio nulla abbiamo potuto contro questo spregevole usurpatore. Abbiamo assistito al suo scempio, ma ora ha esagerato abbattendo parte del frutteto. Credo che la sua violenza e la sua prepotenza possano essere affrontate solamente utilizzando armi che il Generale non conosce. Forse dobbiamo far capire a Re Gustav che anche lui può beneficiare della frutta invece di distruggerla. Non sa quanto siano buone le nostre albicocche, le pesche, le mele o le ciliegie. Non le ha mai volute assaggiare.»
«Ma ti sei ammattito?» domandò un tale.
«Come puoi pensare che diventi buono? È crudele, se ne deve andare da qui!» disse un altro.
«Calmatevi. Non voglio diventare suo amico. Dico solo che forse potremmo prenderlo per la gola.  Addolcirlo con le nostre specialità. Dice di odiare tutto ciò che ci fa stare bene, ma non ha mai provato il sapore delle nostra frutta!»
«E non lo farà mai!»
«Sì, invece. Ma solo se noi gli prepareremo qualcosa di speciale!» 
Greg strinse la bacca tra le dita facendone uscire tutto il liquido che si riversò completamente sulle sue mani.
«Gli prepareremo la nostra superba marmellata! Che ne dite?»
«Ma è… un nostro segreto!» risposero in coro gli abitanti di Marmellata.
«Già… nessuno tranne noi ha mai beneficiato della nostra specialità» aggiunse un altro.
«Ritengo che mio nipote abbia ragione» intervenne Goram, finora rimasto in disparte. Possiamo fare un tentativo. Il Grande Albero ci ha dato lo spunto per ammorbidire il nostro nemico. Penetreremo nella valle stanotte e ci procureremo qualche cesto della frutta rimasta. Le nostre donne faranno il resto.»
Un brusio si levò immediatamente tra la gente di Marmellata radunata attorno al Grande Albero. Tutti sembravano d’accordo. Avrebbero perso il loro aguzzino per la gola tentando di addolcire la sua superbia.

Nella notte ombre furtive penetrarono nei frutteti. Gli alberi lasciarono cascare a terra diversi frutti maturi per facilitare la raccolta. I soldati di guardia non si accorsero di nulla, inebriati dall’aroma che riempiva l’aria.

La notte sulle montagne trascorse velocemente. Le donne avevano acceso il fuoco dove avevano fatto bollire la frutta raccolta e pigiata in paioli ricolmi di erbe aromatiche. Prugne, mele, pere, pesche, albicocche, ciliegie, fragole e mirtilli, more e lamponi, tutto venne mescolato con grossi cucchiai di legno fino ad amalgamarsi completamente. Infine vennero aggiunte alcune gocce di succo di bacche rosse, noci tritate e del miele selvatico. L’intruglio, dal profumo intenso e delizioso, rimase sul fuoco per tre ore e al sorgere del sole la marmellata fu pronta. Le donne riempirono una decina di giare fino all’orlo. 

Verso mezzogiorno una bizzarra comitiva entrò in paese. L’aria era colma di polvere, alcuni deboli raggi di sole illuminavano le case abbandonate. Uno strato di cenere ricopriva le strade e i tetti delle abitazioni di Marmellata. In lontananza gli alberi del frutteto parevano arbusti malati, per la maggior parte rinsecchiti e privi di foglie, come scheletri avvolti dalla nebbia.
I soldati non tardarono ad arrivare. Re Gustav venne informato della loro presenza e diede subito ordine di respingere la comitiva.
«Vi intimo di tornare da dove siete venuti» gridò il capitano, un soldato anziano «per ordine di Re Gustav III. Se non obbedirete vi allontaneremo con la forza. Andatevene!»
Greg si fece avanti, per nulla timoroso.
«Abbiate almeno la clemenza di accettare un’offerta da parte degli abitanti di questa valle. Riferite al Generale. Sono sicuro che non rifiuterà…»
«Come osi?! Stai indietro!» gridò un altro soldato.
«Aspetta…» rispose il capitano trattenendo la guardia «di che parli? Perché mai avreste delle offerte per il Generale?»
«Perché possiamo aiutarlo…» sussurrò una donna.
Greg le lanciò un’occhiataccia.
«Aiutarlo? Voi? Ah! Ah! E perché il Generale avrebbe bisogno del vostro aiuto?»  il capitano scoppiò a ridere insieme agli altri soldati.
«Silenzio!» irruppe una voce. 
Il Generale sbucò dalla casupola in mattoni rossi, si avvicinò al capitano che subito si irrigidì salutandolo militarmente. Gli altri soldati lo imitarono all’istante.
«Generale… questi zotici pretendono di…»
«Zitto, ho detto!» sbraitò Re Gustav al capitano. Poi scrutò silenziosamente il folto gruppo assiepato di fronte a lui. 
«Che cosa volete voialtri? Siete stati risparmiati quando non avete voluto accogliermi come vostro sovrano. Potrei trucidarvi ora! Cosa siete venuti a fare di nuovo qui? Non vi è bastato vedere il vostro bel villaggio in fiamme?»
«Signore…» esordì una giovinetta distaccatasi dal gruppo intimorito «siamo qui per offrirle in dono la nostra riconoscenza».
Il Generale strabuzzò i piccoli occhi infossati. Sorrise maliziosamente. Erano anni che non riceveva un regalo. Quello che voleva lo otteneva con la forza. 
«Bene! Avanti allora! Cosa mi avete portato?»
La giovane si voltò chiamando a sé le altre donne. Si avvicinarono al piccolo individuo che le osservava compiaciuto. Appoggiarono a terra una decina di grossi recipienti decorati a mano e avvolti nei fiori. 
«Ah! E questa che roba è? Siete tornati quaggiù sfidando la mia collera per offrirmi dei vasi e dei fiori? Guardie! Catturateli!» urlò Re Gustav improvvisamente.
I soldati balzarono in avanti colpendo i malcapitati con lance e fucili. Alcuni vennero presto immobilizzati e legati. Greg riuscì a defilarsi insieme ad altri suoi compagni, nascondendosi nella nebbia.
«Siete degli sciocchi! Cosa pensavate di fare? Vi farò marcire in cella!» urlava furibondo il Generale saltellando sui suoi stivaletti neri.
Osservò le giare poste innanzi ai suoi piedi e le colpì con un calcio. Una di queste si ruppe e ne uscì una crema morbida e vellutata. Il profumo invase le narici del militare che per un istante vacillò. Anche i soldati avvertirono una strana sensazione. 
In quell’istante Greg e i suoi amici si avvicinarono con cautela ai prigionieri e li liberarono dalle catene. Rimasero tutti in silenzio a osservare il Generale e i suoi uomini. Erano inermi, con lo sguardo sognante perso nel vuoto. Lentamente gli abitanti di Marmellata si avvicinarono ai soldati, aprirono loro la bocca, ruppero i vasi e versarono la crema di frutta sul volto di quegli esseri umani inespressivi. Una luce avvampò, il grugno dei soldati mutò in un’espressione inebetita, in un attimo ripresero conoscenza e incredibilmente incominciarono a saltare e a danzare. 
Re Gustav giaceva ancora inerme nel mezzo di quel ballo. Greg e gli altri continuarono a versargli addosso la marmellata tanto da ricoprirlo del tutto. La divisa del dittatore cominciò a sciogliersi, le medaglie d’oro cascarono a terra, gli stivali si liquefecero. Poi un bagliore rischiarò l’intera vallata che tornò a splendere e a brillare dei propri colori. Gli alberi ripresero vita riempiendosi di foglie e di frutti, il cielo si sgomberò delle nubi, la cenere e la polvere vennero spazzate via da una folata di vento improvvisa. I soldati si misero a correre sparpagliandosi tra le montagne. 
Re Gustav invece rimase lì, come una statua di gelatina posta in mezzo al paese, completamente ricoperto di marmellata, che nei giorni a seguire si solidificò.

Il Grande Albero aveva aiutato il piccolo popolo di Marmellata donando loro alcune bacche rosse. Queste, mescolate nella marmellata di frutta, avevano un potere magico, quello cioè di rendere più dolci anche i cuori più duri e spietati. Solo a pochissime persone non faceva effetto, e per questo venivano tramutate in statue: erano coloro che avevano perso ormai ogni speranza di tornare a essere anime buone, a causa di una sofferenza talmente grande che aveva riempito il loro cuore di polvere e rabbia, e a cui purtroppo non c’era rimedio.




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