Bentornata primavera! Anche quest'anno l'inverno non è stato poi così rigido, ma qualche nevicata e un po' di gelate non sono mancate. La neve è scesa abbondante pure in città, per la gioia dei bambini e degli amanti della dama bianca. Ma ora è tempo di fioriture e di risvegli dal letargo invernale. Gli animali ancora intorpiditi dal lungo sonno vanno destandosi, presto vedremo volare le rondini, i prati sono già colmi di violette e margherite, mentre magnolie, mandorli e peschi in fiore si tingono di petali bianchi e rosa. Fatto curioso che quest'anno l'equinozio di primavera abbia coinciso con l'eclissi parziale di sole. Quasi un controsenso assistere al "sole nero" nel giorno in cui il sole dovrebbe splendere come augurio per l'inizio della bella stagione. Ma la primavera infine è arrivata, ed è ora di godere delle bellezze che ci può regalare. La frescura del mattino che lascia il posto al tepore del giorno, il sole che scalda, il cinguettio degli uccellini, il profumo dei fiori, i colori e gli odori di una stagione meravigliosa. Quando non piove. La pioggia è gradita, certo, fa parte del ciclo atmosferico, ma senza esagerare. La primavera è bella con il sole, quando l'aria si scalda. L'inverno è finito, il freddo si attenua, ma non è ancora caldo come in estate. Quindi godiamoci il sole, ma attenzione a non esagerare nel cambio di vestiti. Infatti come recitano alcuni proverbi:
"Marzo pazzerello guarda il sole e prendi l'ombrello"
"D'aprile non ti scoprire, di maggio non ti fidare, a giugno fa quel che ti pare"
Riporto due bellissime dediche alla primavera, la filastrocca di Gianni Rodari e un testo di Lev Tolstoj:
Filastrocca di primavera
più lungo è il giorno,
più dolce la sera.
domani forse tra l'erbetta
spunterà la prima violetta.
Oh prima viola fresca e nuova
beato il primo che ti trova,
il tuo profumo gli dirà,
la primavera è giunta, è qua.
Gli altri signori non lo sanno
e ancora in inverno si crederanno:
magari persone di riguardo,
ma il loro calendario va in ritardo.
(Gianni Rodari)
Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d'erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fiumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l'erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole.
(Lev Tolstoj)
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