mercoledì 25 febbraio 2015

I mitici trucks americani



Durante i nostri viaggi in America siamo rimasti ammaliati dal fascino seducente e selvaggio dei mitici trucks, i giganteschi camion americani. Le motrici sono delle vere e proprie case su ruote. I camionisti si sbizzarriscono nell'arredamento interno quanto nel design esterno: il caratteristico muso lungo anche fino a cinque o sei metri con cucina, doccia, letto, salottino come se fosse una piccola abitazione, la carrozzeria dai colori accesi e talvolta con disegni e aerografie mozzafiato. Il tutto rifinito nei minimi particolari.

Gli autocarri americani non sono dei semplici camion, sono il simbolo di un popolo sempre in movimento, di persone in cui la strada fa parte della loro vita, all'interno di un paese dove le distanze sono enormi, infinite.
Dai Peterbilt ai Kenworth, i musoni fanno parte dell'immagine collettiva del sogno americano, sono un'inconfondibile presenza delle Highways come della mitica Route 66. 

Dalla California all'Arizona, dallo Utah al Nevada, in Florida come nel Massachussetts, ecco alcuni dei trucks più belli che abbiamo incontrato:







 


 


martedì 24 febbraio 2015

Il Bryce Canyon, una meraviglia della natura

Bryce Canyon

Lasciati alle spalle il Grand Canyon e la Monument Valley ripartiamo nel pomeriggio rientrando per un tratto di strada in Arizona e ripassando da Kayenta. Poi andiamo verso nord in direzione di Page e del Lake Powell, sul confine con lo Utah. Al piccolo aeroporto si può salire su un charter per un volo panoramico (ma non economico!) su questo lago artificiale creato con la realizzazione della diga sul fiume Colorado all’interno del Glen Canyon. In effetti per godere appieno dello spettacolo del Lake Powell l’unico modo è quello di volarci sopra, anche se noi riusciamo lo stesso a vedere alcune insenature. Raggiungiamo un punto panoramico da dove si vede perfettamente la maestosa diga Glen Canyon Dam e il fiume Colorado.

Attraversata la diga a piedi, 213 metri sopra il livello del fiume, riprendiamo il viaggio fino a Kanab, piccolo paese reso famoso negli anni Cinquanta grazie al cinema. Al Kerry Lodge, piccolo albergo, dormiva John Wayne quando veniva a recitare sui set dei film western. In realtà ora non c’è proprio niente a parte qualche insegna, un carro e una finta tenda indiana, che ne tengono viva la memoria. Noi alloggiamo in un motel della zona e per cena andiamo in un ristorante messicano, il Fiesta Mexicana: salsa chili, fajitas di pollo con riso e fagioli, cerveza e foto con sombrero! Molto turisti!

Il giorno seguente, partiti di buon’ora, seguiamo una strada che attraversa boschi e montagne, lungo il corso di un piccolo fiume. Alle otto di mattina arriviamo al Bryce Canyon, a 2800 metri. Le formazioni rocciose di arenaria hanno colori meravigliosi, dal giallo intenso al rosso. Gli indiani Paiute, che un tempo abitavano queste zone, le descrivevano come “rocce rosse che si ergono come uomini in un anfiteatro”, gli hoodoo.


Infatti sembra proprio di osservare un anfiteatro con enormi statue. La leggenda indiana dice che queste formazioni rocciose altro non sono che persone pietrificate dal dio che si era arrabbiato con loro. Dal Bryce Point scendiamo all’interno del canyon, lungo il Navajo Loop Trail, un sentiero che si addentra tra le rocce per circa due chilometri. Discendiamo a zig-zag con un dislivello di 150 metri. Il percorso è incredibile, arriviamo in un’ansa stretta tra le insenature del canyon dove si ergono maestosi due alberi gemelli, poi riprendiamo il cammino tra scoiattoli e uccelli colorati fino a risalire faticosamente tra gli hoodoo. Il sole ormai è alto e comincia a fare caldo. Una donna anziana vestita con abiti colorati in stile new age scende cantando nel canyon mentre noi risaliamo a fatica e ci chiediamo se sarà in grado di cantare ancora quando dovrà tornare su. Ritorniamo al Bryce Point, stanchi ma esaltati dalla bellissima esperienza a stretto contatto con il canyon.





Riprendiamo la strada che attraversa pascoli e zone molto verdi e facciamo una sosta in un negozio di souvenir di manufatti indiani, c’è anche qualche animale imbalsamato, come il puma o leone di montagna, che vive tra i canyon e le montagne di queste parti. Più avanti vediamo la fattoria dove c’è la mandria di bisonti (tatanka) usata nel film Balla coi Lupi.

Il paesaggio cambia gradatamente, entriamo nello Zion National Park, un canyon metà deserto e metà montagna, scavato dalle acque del Virgin River. La strada che lo attraversa è tortuosa, tra gallerie e strade piuttosto strette. Ci fermiamo per godere di una bella vista panoramica sulla vallata e sulle montagne circostanti. Ripartiamo discendendo così l’altopiano del Colorado (Colorado Plateau) iniziato due giorni prima quando siamo saliti sul Grand Canyon. Imbocchiamo la strada che ci porta a St. George, piccolo paese fondato dai Mormoni, direzione Las Vegas!

lunedì 16 febbraio 2015

A Carnevale ogni scherzo vale


Il caos regna nella piazza, migliaia di coriandoli volano nell'aria spinti dal vento come fiocchi di neve, cadendo poi a terra su di un letto dai colori dell'arcobaleno. Stelle filanti e palloncini, fischietti, trombe e fuochi d'artificio. La festa è cominciata, nella piazza si sono radunate tantissime persone, ognuna indossa una maschera o un costume colorato.
Ci sono Pulcinelle e Arlecchini, pirati e cow-boy, principesse e cavalieri, fate e maghi, draghi e leoni. Gli adulti si mescolano ai bambini, tutti mascherati per un'unica grande festa. Si canta e si balla, si gioca e si scherza, ci sono frittelle e lattughe, vino e bevande a volontà.

La parola Carnevale deriva dal latino carnem levare (eliminare la carne), riferito al banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale, ovvero il Martedì grasso, prima del Mercoledì delle Ceneri, con l'inizio della Quaresima e del periodo di astinenza e digiuno. I festeggiamenti del Carnevale sono molto sentiti in diverse città d'Italia, dove sfilano carri allegorici con enormi caricature in cartapesta ispirate a personaggi della politica e dell'attualità, vere opere d'arte gestite con assoluta ironia. Dai carri di Viareggio e Cento, alle maschere di Venezia, alla battaglia delle arance di Ivrea, al Carnevale Ambrosiano di Milano, ecco alcuni dei carnevali italiani più conosciuti a livello internazionale. Ma ce ne sono a centinaia, in tutte le regioni italiane. Il Carnevale più famoso al mondo è quello brasiliano di Rio de Janeiro che si svolge al ritmo della samba in un'incredibile esplosione di musica e colori, seguito da quello di Santa Cruz di Tenerife, nelle isole Canarie.

Le maschere di Carnevale sono un vero e proprio patrimonio culturale della tradizione italiana, nate nei teatri e dalle commedie dell'arte: dal piemontese Gianduia al milanese Meneghino, da Arlecchino alla maschera napoletana Pulcinella fino alla bergamasca Brighella e ai veneti Pantalone e Colombina. A Bologna c'è il Dottor Balanzone e nel Lazio il Rugantino. Solo per citarne alcune.

Il Carnevale è divertimento, per grandi e piccini. Ci si maschera dando sfogo alla fantasia, si tirano coriandoli e stelle filanti colorate, si ride e si scherza.
E' il Carnevale. E a Carnevale ogni scherzo vale. 

Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d’Arlecchino,
vestito di carta, poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon dei Bisognosi
“Colombina,” dice, “mi sposi?”
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: “E’ Carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.”

(tratto da "Carnevale" di Gianni Rodari)

domenica 15 febbraio 2015

A Brescia si festeggiano i Santi Faustino e Giovita, patroni della città

Quando nel II secolo l'imperatore romano Traiano e il suo successore Adriano ordinano al governatore Italico di perseguire e torturare Faustino e Giovita, due giovani nobili e cavalieri bresciani convertiti al Cristianesimo, a Brescia accadono fatti incredibili che spingono molte persone alla conversione, tra cui Afra, la moglie stessa del governatore, che diverrà a sua volta martire e santa. Nell'arena in cui Faustino e Giovita vengono gettati per essere divorati dagli animali, le tigri restano mansuete accovacciandosi ai loro piedi. Il fuoco non lambisce nemmeno le loro vesti quando vengono nuovamente condannati a morte. Trasferiti a Roma, perfino nel Colosseo le fiere non osano sfiorarli, e quando si decide di lasciarli andare alla deriva nel mare gli angeli li riportano a terra. Muoiono infine dopo innumerevoli torture il 15 febbraio in un anno compreso tra il 120 e il 134 d.c. Grazie ai Longobardi viene divulgato il culto dei due martiri divenuti santi.

Nel 1438 poi, durante l'assedio dei milanesi a Brescia, si racconta che sulle mura della città apparvero i due santi che aiutarono i bresciani a respingere le palle della cannonate a mani nude, respingendo l'attacco. La festa dei SS. Faustino e Giovita si celebra a Brescia il 15 febbraio di ogni anno, la città si affolla e si riempie di bancarelle, in un clima di allegria. 
Anche quest'anno la città festeggia i suoi patroni, con la festività che cade di domenica, con più di seicento bancarelle e circa duecentomila visitatori previsti. 

L'aria si riempie dei profumi della fiera, tra salamelle fumanti, aromi e spezie, formaggi, caldarroste e dolci di ogni genere. Le grida dei mercanti riecheggiano nel vento che sferza il volto, sotto un cielo plumbeo i vicoli della città si tingono di innumerevoli colori, mentre la folla si accalca curiosa come nella miglior tradizione di questa festa. Oltre alla fiera si svolgeranno a Brescia numerose manifestazioni e cerimonie religiose, come all'interno della Basilica dei SS.Faustino e Giovita dove sono conservate le spoglie dei due patroni, regalando alla città una grande giornata di festa.



sabato 14 febbraio 2015

Festa di San Valentino

La festa di San Valentino è dedicata a tutti gli innamorati e pare risalire già ai tempi del tardo medioevo, anche se le sue origini restano controverse e misteriose. Alla sua diffusione contribuirono i monaci benedettini della Basilica di San Valentino, vescovo di Terni martirizzato durante l'epoca romana, sviluppandosi ulteriormente nell'era moderna. La festa di San Valentino trova nel periodo di metà febbraio la connotazione temporale ideale, con i primi risvegli della natura e l'avvicinarsi della primavera. L'amore di questa festa viene celebrato da secoli con lo scambio di messaggi d'amore, con cuori, immagini di Cupido con arco e frecce, fiori e frasi romantiche. Negli ultimi anni anche il giorno di San Valentino, come molte altre festività, e divenuto una vittima del consumismo, dove pare che solo l'acquisto di un regalo lo giustifichi. L'importante tuttavia è che rimanga ben chiaro il suo vero significato, ovvero la celebrazione dell'amore tra le persone, che se si amano non hanno bisogno certo di dimostrarlo in un solo giorno nell'arco di tutto l'anno, ma in questo giorno possono soffermarsi e ritagliarsi un momento tutto per loro, tralasciando per un attimo le fatiche e le preoccupazioni quotidiane. 

lunedì 9 febbraio 2015

Foibe, 10 febbraio il "Giorno del ricordo"

Le foibe sono cavità carsiche di origine naturale a strapiombo ed è in quelle voragini dell'Istria che fra il 1943 e il 1947 sono stati gettati vivi o morti quasi diecimila italiani, uomini, donne, bambini, vittime dell'odio politico-ideologico del regime jugoslavo. La persecuzione proseguì fino alla primavera del 1947, fino a quando venne fissato il confine fra l'Italia e la Jugoslavia con la cessione delle terre dell'Istria e della Dalmazia alla Jugoslavia di Tito trasformando in esuli circa trecentocinquantamila persone che scapparono dal terrore e dalle persecuzioni senza trovare particolare accoglienza in Italia. 

Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana che viene celebrata il 10 febbraio di ogni anno e che commemora le vittime di questi massacri e dell'esodo giuliano-dalmata, data ufficializzata con la legge 92 del 30 marzo 2004. 

Questa la testimonianza di uno dei sopravvissuti:
 «dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell'alba, sentii uno dei nostri aguzzini dire agli altri "facciamo presto, perché si parte subito". Infatti poco dopo fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 kg. Fummo sospinti verso l'orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c'impose di seguirne l'esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 metri e una profondità di 15 sino la superficie dell'acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole "un'altra volta li butteremo di qua, è più comodo", pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott'acqua schiacciandomi con la pressione dell'aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo.»

Non esistono giustificazioni di fronte a tragedie umane di questo tipo. Quello che possiamo e dobbiamo fare è almeno ricordare ciò che è accaduto, in modo che questi orrori non possano più ripetersi.

giovedì 5 febbraio 2015

La neve e il fenomeno del "lampionismo"


Il lampionismo, un fenomeno che mi contraddistingue particolarmente. Riporto questa divertente analisi presa da alcuni siti meteo che fa capire meglio lo stato d’animo di un vero appassionato freddofilo:
"Che il mondo di meteo appassionati sia per la stragrande maggioranza composto da amanti del freddo e dei fenomeni estremi è un dato di fatto. Spesso però alla gente non contagiata da questa passione sfuggono alcuni aspetti. In questo articolo analizzeremo una nota patologia che si manifesta con i suoi sintomi durante una nevicata o, in certi casi, durante una possibile nevicata: il lampionismo.
Innanzitutto diamone la definizione. Trattasi di lampionismo la meticolosa osservazione del lampione o dei lampioni stradali visibili dalla propria abitazione durante le ore di oscurità in caso di possibile nevicata o di manifesta precipitazione nevosa.
Dobbiamo dire che il meteo appassionato è sempre informatissimo su questa possibilità e può capitare che inizi l’appostamento diverse ore prima del possibile evento: potrebbe infatti esserci un più rapido avvicinamento della perturbazione che potrebbe anticipare l'inizio delle precipitazioni e dunque per nessuna ragione al mondo ci si potrebbe perdere l’arrivo del primo fiocco. La stessa meticolosa osservazione viene effettuata anche in caso di pioggia allorquando si prevede l’arrivo di aria fredda in grado potenzialmente di tramutare le gocce di pioggia in neve.
Queste sono le osservazioni più pericolose per le diottrie del freddofilo in quanto questi appostamenti potrebbero protrarsi inutilmente anche per ore con evidenti danni all’apparato visivo. Passiamo ora alla nevicata vera e propria. Può capitare che la precipitazione si protragga per tutta notte. Anche in questo caso si assistono a comportamenti piuttosto strani.
Innanzitutto, persone che di solito si alzano durante la notte al massimo una volta o addirittura non sono abituati a farlo, le vedi clamorosamente “attive” con incursioni in bagno molto frequenti (chissà mai cosa avevano bevuto la sera!!) o altrettante visite in cucina o per bere un goccio o mangiare un grissino o equivalenti. E’ evidente che ogni alzata dal letto comporta una inevitabile osservazione del fedelissimo amico lampione.
Sappiamo per certo anche di sistemi assolutamente ingegnosi messi in pratica per non dare troppo nell’occhio con queste alzate frequenti. Il più efficace si tratta di un complicato impianto di specchi che permette la diretta osservazione del lampione comodamente sdraiati nel proprio letto. Questo stratagemma indubbiamente consente una notevole riduzione delle incursioni notturne, ma in caso di nevicata forte la tentazione di alzarsi per vedere lo stato di accumulo del manto prende di tanto in tanto il sopravvento.
Ma anche l’apparato uditivo del lampionista in questi casi è particolarmente sviluppato. Non c’è dubbio che si perda il passaggio dello spazzaneve con il caratteristico rumore del trattore abbinato allo sfregamento sull’asfalto della pala. L’argine di neve ai margini della carreggiata per un meteo appassionato rappresenta un patrimonio importantissimo per quando arriverà l’infausto momento dello scioglimento del manto bianco: più è alto e compatto e più durerà.
L’udito del meteo freddofilo è anche particolarmente allenato a distinguere il tipo di neve che sta cadendo. Come? Semplicemente dal rumore dei pneumatici delle autovetture che transitano sulla strada. E’ evidente che se sente il classico splic – sploc si tratterà di neve bagnata e la temperatura non sarà sotto lo zero. Quello che vorrebbe invece sentire è il rumore molto cupo e sordo tipico di fondo stradale innevato e indice inequivocabile di temperature sotto lo zero. In questi casi quando di autoveicoli ne ode sempre meno e non sente ancora arrivare lo spazzaneve inizia lo stato di euforia contenuta dettata dalla speranza che la neve sia talmente tanta che ormai si faccia fatica a circolare: a questo punto urge una immediata osservazione!
Lo stato d’umore del lampionista potrebbe invece subire un pesante contraccolpo allorquando una prevista manifestazione nevosa dalla durata di tutta la notte si arresta prima del previsto. Pensieri del tipo “perché ha già smesso?” “Cosa è successo ?” “ Non è possibile: deve riprendere” ed altri ad essi assimilabili si accavallano nella tormentata mente che cerca immediatamente una eventuale soluzione.
Ma il giusto premio di tutti questi sforzi è lei: la dama bianca. Ad orari assolutamente inusuali il freddofilo si alza, si veste rapidamente, ed esce con la pala in mano. La gioia di usare la pala ed entrare in contatto con il prezioso frutto di tanto penar non ha assolutamente eguali. Dove abita il lampionista lo si vede dall’orario della spalatura della neve e dalla straordinaria cura con la quale viene effettuata la pulitura in modo tale che anche un solo fiocco non vada disperso, ma accuratamente disposto e compattato in modo che potrà resistere il più a lungo possibile, magari nei punti più all'ombra. Ricordiamo che per un lampionista valgono molto di più 5 cm di neve davanti alla propria casa che 5 metri di neve sullo Stelvio: infatti la “sua” neve non ha valore, non ha prezzo e non si cambia con qualsiasi cosa esistente sulla faccia della terra.
Ci tenevamo a svelare questi aspetti in modo tale che se vivete o avete contatti con una di queste persone, molti di questi comportamenti ora hanno una spiegazione. Siete però pregati di non intralciare questo tipo di attività in quanto il lampionista potrebbe diventare piuttosto suscettibile ed intrattabile. Sarebbe davvero un peccato in quanto normalmente durante il resto dell’anno trattasi di persone normali e tutto sommato buone e accondiscendenti."

martedì 3 febbraio 2015

Il Tascalibro festeggia il suo primo anno!


Un anno fa cominciava una nuova avventura con la nascita del mio blog Il Tascalibro. La voglia di scrivere, narrare, raccontare ha trovato il suo sfogo attraverso i canali del web. Dopo la pubblicazione dei miei due romanzi "L'Invasione" di fantascienza e il fantasy "Giardini d'Irlanda", è seguita una fase intensa di lettura e apprendimento di vari generi letterari (che continua incessantemente!), intramezzata dalla stesura di diversi racconti legati sempre al mondo fantastico. La passione per i viaggi, correndo in parallelo al desiderio di descrivere qualsiasi cosa, ha contribuito alla realizzazione di questo blog, basato sull'unico motivo per cui esiste: scrivere. Ecco perchè all'interno del blog potete trovare racconti fantastici, ma anche esperienze di viaggio, dall'Europa all'America. Oltre a riflessioni, attualità, recensioni di libri, notizie sportive o meteorologiche, e molto altro. Il lavoro è lungo, c'è sempre molto da scrivere e da raccontare.
Passo dopo passo cercherò di portarvi con me attraverso le capitali europee, da Londra a Barcellona, da Berlino a Parigi, dalle meraviglie del nostro Belpaese agli spazi infiniti e alle incredibili metropoli d'oltreoceano. Parleremo di libri, voleremo nel cielo stellato in cerca di alieni, o in un mondo parallelo abitato da bizzarre creature, danzando con le fate e i folletti, fuggendo da terribili mostri, o semplicemente affrontando un qualche argomento attuale, festeggiando il Natale o l'arrivo dell'estate, parlando di neve o di mare. Un viaggio iniziato un anno fa, nella speranza che possa proseguire il più a lungo possibile. Gli impegni sono tanti, ma la passione è sempre la stessa. Un blog è una creatura, potrei paragonarlo a un troll nei momenti di rabbia e minore inventiva, a un elfo quando comincia a diventare scherzoso, a una fata quando la sua magia mi trasporta verso realtà sconosciute, a un extraterrestre quando la scrittura mi fa volare come su un'astronave.
Un blog tuttavia non è solo scrivere e pubblicare post e quant'altro, è anche una spinta verso gruppi di persone che a loro volta hanno intrapreso la tua stessa strada, anche se con argomentazioni differenti. Si conoscono community e gruppi di blogger di viaggi, di scrittori, di moda, di cucina, di arte e di fotografia, ce n'è per tutti i gusti. Si scambiano opinioni, si cercano consigli, ci si aiuta a vicenda con un semplice "follow", diventando sostenitori di altri blog, facendo amicizia sui social network e nella vita reale.
E' stato un anno intenso, tra alti e bassi, ma con tante belle soddisfazioni. Grazie a tutti coloro che leggendo i post pubblicati continuano ad alimentare e a tener vivo questo blog. Buon compleanno quindi, a Il Tascalibro e a tutti voi.