venerdì 30 maggio 2014

Lettere dal passato ("L'Invasione", pp. 5-7)



Lettere dal passato – Biblioteca Comunale di Pianorese

20 aprile 1971 – dalla missione di Acambosa, Camerun.
Padre Mario Velasquez, missionario.
“Ho pregato Nostro Signore perché non mi venisse meno la fede anche in quel momento tanto straordinario quanto spaventoso. Dietro al villaggio della missione, verso ovest, tre oggetti luminosi se ne stavano sospesi in cielo. Ogni domenica sera erano lì, ad osservarci, per un mese, poi più nulla. Non parlai di questo in giro, non volevo creare troppo trambusto tra questa povera gente; i ragazzi qui non ne hanno mai parlato, non capivano, o forse sì, comunque non ne volevano parlare.”

2 agosto 1996 – Oviedo, Spagna.
Jorge Santos, agricoltore.
“Non mi preoccupai più di tanto quando quell’uomo mi chiese un’informazione. Doveva andare a Burgos. Ero nella mia vecchia Marbella (che chiamavo la roja per via del colore rosso fuoco) sulla strada statale fermo al semaforo quando si fermò accanto a me un’auto straniera bella e nuova fiammante. Il motore ruggiva, pensavo che con il caldo che faceva si sarebbe surriscaldato facilmente. Mi guardò e mi chiese gentilmente qual’era la direzione esatta. Era un tipo bizzarro, o meglio curioso; con quel caldo indossava un cappotto! Che bello, ha il climatizzatore, pensai ridendo, io che nella mia vecchia amica a quattro ruote non l’avevo mai avuto. Ma tuttavia era esagerato indossare il cappotto! Capii che non voleva farsi vedere molto in viso per via di quelle cicatrici, portava un paio di occhiali da sole e un cappello scuro. Gli spiegai la strada e poi quando il semaforo divenne verde lo salutai e lui mi rispose con un cenno della mano. Dopo qualche minuto, mentre percorrevo la statale e ripensavo a quello strano tipo, all’improvviso realizzai che non avevo aperto bocca e nemmeno lui l’aveva fatto mentre mi chiedeva informazioni. Erano stati solo pensieri, come in quel libro di Stephen King dove gli alieni comunicavano con gli umani tramite telepatia. Alieno, sì, perché solo allora ricordai che non portava occhiali da sole scuri ma aveva grandi occhi neri e una pelle olivastra. Restai confuso per molto tempo fino quasi a convincermi che era stato un sogno o un’allucinazione. Ovviamente non lo raccontai in giro, lo dissi solo a mia moglie che cercò di farmi capire che avevo visto un tipo strano ma che poi il caldo mi aveva giocato un brutto scherzo. D’altronde ancora adesso ci scherzo su, un E.T. in automobile che mi chiede la strada. Pensavo andassero con le loro astronavi! Mi ricordo che mi sorrideva.”

16 marzo 2005 – Monza, Italia.
Teodoro Somma, studente.
“Avevo circa dodici anni, e come tutti i bambini di quell’età avevo molti sogni e una grande fantasia. So per certo però che quello che vidi non era frutto della mia fervida immaginazione.
Il cielo ormai era buio, saranno state le dieci di quella sera d’estate quando giocavo nel piccolo giardino della casa dei miei genitori. Era ora di rincasare ma le stelle del cielo, limpido quella notte, mi affascinavano. Restai colpito da una in particolare, era più luminosa, forse era più vicina delle altre. Brillava e pensai che non era una stella, forse era un satellite, si muoveva. Restai a bocca aperta quando all’improvviso accelerò ad una velocità mai vista. Prima si mosse verso di me, poi andando verso il monte dietro al paese sparì nel nulla. Ho sempre voluto credere alla mia versione fantasiosa, non l’ho mai raccontato a nessuno, credo si trattasse di un ufo. D’altronde perché non credere ad una possibile forma di vita oltre alla nostra nell’universo così immenso?”



giovedì 22 maggio 2014

Il clown



La ragazza dai capelli bruni aveva da poco raggiunto l’amica davanti all’entrata. Avevano acquistato i biglietti e si erano incamminate sorridenti all’interno del parco. Il caldo e il cielo nuvoloso non avevano placato la loro voglia di divertimento e così avevano deciso di recarsi alle giostre appena arrivate in paese. La notizia si era diffusa rapidamente e a mezzodì tutti sapevano dell’arrivo del Luna Park. 
I carri si erano insediati lungo l’argine del fiume, in quella spianata incolta dove l’erba rinsecchita dal sole degli ultimi giorni pareva fieno per il bestiame.
Nessuno aveva ostacolato il loro arrivo, anzi in molti erano contenti di trovare finalmente un po’ di svago in quelle ultime sere d’estate.

Il sindaco quella mattina si era dovuto allontanare per risolvere questioni urgenti riguardo alla campagna elettorale che si sarebbe svolta in autunno. I suoi impegni ultimamente lo spingevano spesso fuori città e quindi non aveva dato peso all’arrivo dei giostrai. Era stato subito informato dall’ufficiale di servizio che lo aveva rintracciato telefonicamente presso l’ufficio comunale del paese vicino e lui di rimando lo aveva incaricato di passare a dare una controllata dicendo che non c’era motivo di preoccuparsi. Il poliziotto era arrivato con il suo fuoristrada sollevando una grossa nuvola di polvere. Il capo dei giostrai gli era andato incontro e il tutto si era risolto con una stretta di mano e la promessa che le giostre sarebbero restate non più di due settimane, dopo di che una percentuale degli incassi sarebbe andata a finire nelle casse comunali per l’occupazione del terreno.

Le ragazze si incontrarono verso l’una del pomeriggio. La ragazza mora si annodò i capelli lunghi mentre l’amica, castana, ma con i capelli molto più corti, le raccontava ciò che aveva combinato sua sorella, parlando come un fiume in piena.
L’aria calda sollevava nugoli di polvere, i giostrai aveva bagnato il terreno, ma il sole lo aveva asciugato in pochi attimi. L’attrazione principale era la ruota panoramica, alta dodici metri, con sei carrozze che ruotavano in senso orario. Erano in molti a fare la fila per salire, non solo i più giovani, ma anche i più attempati. Era domenica e quindi i giostrai si aspettavano un bel po’ di gente, soprattutto nel pomeriggio. Quando fu il turno delle due amiche, il bigliettaio, un uomo piuttosto basso vestito da giullare, rivolse loro un sorriso sgangherato. Le ragazze consegnarono il tagliando e l’uomo le invitò a sedersi nella carrozza. Chiuse lo sportello e subito la giostra si mise in movimento. Le carrozze, variopinte e rifinite grossolanamente, si muovevano lentamente. Nel punto più in alto del giro si fermava qualche secondo per dar modo ai passeggeri di godere del paesaggio. Arrivate lassù le due amiche volsero lo sguardo in tutte le direzioni, in modo repentino e convulso, spaziando fino alle montagne e lungo la radura sottostante. Erano agitate, la loro prima volta sulla giostra panoramica, ridevano, la bocca spalancata e l’espressione della felicità dipinta sul volto. Quando la carrozza si rimise in movimento, scendendo lentamente, entrambe sobbalzarono ed emisero un gridolino soffocato.

In molti attendevano con trepidazione il proprio turno e alcuni amici scoppiarono a ridere fragorosamente quando videro l’espressione intimidita delle ragazze durante la discesa della carrozza. Completato il giro la ruota si fermò giusto il tempo per il cambio dei passeggeri. Le ragazze si abbracciarono, si presero per mano e cominciarono a correre colte da ilarità improvvisa. Esaltate per il brivido della giostra panoramica vollero provare altre attrazioni come il toboga e le reti elastiche. Dopo un’ora di puro divertimento si sedettero a terra sfinite.
«Che ne dici di un gelato?» chiese Jenny, la più giovane.
«Buona idea!» rispose quella con i capelli lunghi, Gloria, di un paio d’anni più grande.
Si avvicinarono al carretto dei gelati e poco dopo divorarono il cono con doppia pallina ai gusti di crema e cioccolato.

Nel frattempo il parco si era affollato. Erano giunte numerose famiglie con bambini urlanti, molti piangevano perché volevano il palloncino o il gelato, o i numerosi peluche in vendita nelle bancarelle, alcuni genitori li accontentavano, altri li sgridavano. I giostrai invitavano tutti a gran voce nelle rispettive attrazioni, c’era chi brontolava perchè qualcuno lo aveva superato nella fila, altri gridavano il nome dell’amico arrivato in ritardo cercando di attirare la sua attenzione mentre questo si guardava attorno spaesato, altri ancora che si scambiavano eccitati i pareri sulle varie giostre e che raccontavano agli amici in che attrazioni si erano cimentati.
Il vociferare della folla radunata nel parco di divertimenti era in contrapposizione con il silenzio che andava avvolgendo il paese ormai svuotato. Quella domenica pomeriggio solo qualche anziano era rimasto in casa, tutti gli atri si erano ritrovati al Luna Park. Un vero e proprio successo per i giostrai.

Le ragazze si avvicinarono all’ultima attrazione in fondo al parco. Il tendone sembrava chiuso e infatti non c’era nessuno a fare la fila, solo qualche curioso che passeggiava nei dintorni. Jenny si avvicinò mentre Gloria le diceva di non avvicinarsi. Improvvisamente un clown sbucò da dietro il tendone. Jenny era riuscita a sbirciare all’interno, ma era tutto buio e non aveva visto niente. 
«Ciao!» esclamò il buffo individuo «cercavi me?» disse abbozzando un leggero inchino e offrendo un fiore alla ragazza. Gloria scoppiò a ridere nel vedere l’amica impietrita di fronte al pagliaccio. Sembrava un tipo simpatico. 
«Scusa… stavo dando un’occhiata…» strepitò Jenny.
«Non ti preoccupare, è normale essere curiosi, chi no lo è? Accetti questo piccolo fiore?» domandò il clown mostrandole nuovamente una rosa.
«Grazie! Molto gentile!» rispose lei abbozzando un sorriso e volgendo lo sguardo all’amica. Gloria decise di avvicinarsi, anche se il cuore cominciava a martellare nel petto. Non c’era più nessuno lì vicino, erano rimaste solo loro con il pagliaccio. Questi sorrise nel vederla avvicinarsi. 
«Oh! Credo che anche la tua amica voglia un fiore. Ebbene…»
In un attimo il clown estrasse un’altra rosa e la offrì a Gloria. Lei ringraziò sorridendo. Poi lanciò un’occhiata a Jenny e le prese la mano.
«Grazie» disse «ma ora dobbiamo andare. I nostri genitori ci aspettano, è quasi ora di cena.»

Il volto del clown si rattristò. Era dipinto completamente di bianco, attorno agli occhi era pitturato di verde e le labbra erano rosse come le ciliegie. Indossava una tunica a scacchi colorati e in testa portava una parrucca bianca. Improvvisamente dagli occhi sgorgarono due fontanelle.
«Vedete… piango!» esordì rivolgendo loro uno sguardo compassionevole.
«Ma come fai?» ribadì Jenny meravigliata.
«Sono i soliti trucchi!» le rispose indispettita Gloria. Cominciava a spazientirsi e l’amica invece sembrava incuriosita da quel pagliaccio.
Il clown fece finta di non sentire e il suo volto si illuminò. Gli zampilli scomparvero e il pagliaccio mostrò un enorme sorriso.
«Ti interessava sapere cosa c’è qui dentro? Se vuoi posso farti entrare… pensa, sareste le prime, l’apertura di questa giostra è prevista per domani!»
«Allora torneremo domani, non vogliamo arrecar disturbo… e poi tra poco il parco chiude. Andiamo Jenny, dai! Non mi piace qui».
Gloria guardò l’amica, sembrava che non la stesse per niente ascoltando. Guardava meravigliata il clown. Le diede uno strattone, ma quella non si mosse. In un attimo gli occhi del pagliaccio si fissarono nei suoi, fece per ritrarsi, ma non seppe resistere al suo sguardo. Sentì le palpebre appesantirsi, gli arti le parvero leggeri e la vista si annebbiò. Voci lontane annunciavano la chiusura del Luna Park, ma per le due amiche c’era ancora tempo per un giro sull’ultima giostra.

Gloria spalancò gli occhi e tutto tornò improvvisamente così reale. Si guardò attorno spaventata e smarrita, ma fu rincuorata nel vedere Jenny seduta accanto a sé. Realizzò in pochi attimi cosa era accaduto.
«Jenny!» gridò.
L’amica spalancò gli occhi e vide Gloria che le urlava qualcosa.
«Quel pagliaccio! Ci ha portate qui dentro! Cos’è questo posto?»
Jenny fece per muoversi, ma si sentì immobilizzata. Erano legate. 
«Oddio, Gloria! Ci ha legate.»
«Siamo nel tendone, probabilmente ci ha ipnotizzato e ci ha portate dentro. Era buio, ma una luce le investì improvvisamente. Le ragazze gridarono per lo spavento. Si guardarono attorno stupite. Erano sedute in una carrozza, dietro di loro altre carrozze vuote. La rotaia percorreva un tragitto breve perché si snodava all’interno del tendone in un percorso ovale. La musica che scoppiò improvvisa le stordì, il volume era così alto che Gloria pensò che fuori sicuramente qualcuno avrebbe sentito e sarebbe venuto a vedere cosa stava accadendo. Avrebbero fermato il clown e le avrebbero liberate. I giostrai si sarebbero scusati, probabilmente proponendo loro di tornare quando volevano senza pagare il biglietto in cambio del loro silenzio. Sicuramente non volevano pubblicità negativa sul loro parco per colpa di uno stupido pagliaccio che si divertiva a terrorizzare le ragazze, ora che erano appena arrivati e visto il successo di quel pomeriggio. Doveva per forza andare così. Ma lei non sarebbe stata zitta. Avrebbe raccontato la verità. Jenny forse si sarebbe fatta ingolosire dall’allettante proposta di tornare gratis al parco. Invece lei l’avrebbe convinta a raccontare tutto. 
Ma del clown non c’era traccia. La musica assordante continuava mentre le luci roteavano illuminando il tendone di vari colori. Jenny pareva scioccata, aveva lo sguardo perso nel vuoto. E a Gloria venne un attacco di panico. Si mise a gridare, urlava e chiedeva aiuto.

Intanto al di fuori della tenda, il silenzio avvolgeva il Luna Park mentre le ultime famiglie facevano ritorno a casa. Presto avrebbe fatto buio, il sole andava calando dietro le colline regalando un po’ di frescura.
Il movimento della carrozza fece sobbalzare Jenny che fino ad allora era rimasta ammutolita. Gloria continuava a gridare, così forte da sovrastare la musica. Jenny allora si sentì sudare, tremava come una foglia. La carrozza percorse l’intero giro della rotaia più volte, lentamente. Poi accelerò improvvisa, Gloria si zittì e fu Jenny a urlare. Il vagone acquistò una velocità incredibile, tanto da far perdere il fiato a entrambe le ragazze. Le carrozze si staccarono, il rumore metallico dello schiocco dei ganci fu avvertito solo lievemente dalle due amiche. Il tendone divenne un tunnel luminoso e la carrozza delle ragazze vi si infilò a gran velocità. Precipitarono all’interno finché divenne tutto buio. La musica lontana. Poi più nulla. Si destarono poco dopo, in una stanza, a terra. Gloria osservò le mani libere, non più legate. L’amica riversa accanto a lei. E la carrozza, le rotaie, la tenda, svanite nel nulla. La testa le doleva, tutto girava intorno. Fece per alzarsi, ma cadde rovinosamente. Jenny la chiamava, una voce flebile, lontana. Svenne, finché non sentì qualcuno che le schiaffeggiava il volto.
«Svegliati Gloria!»
Aprì gli occhi, vide l’amica in ginocchio accanto a lei. La contemplava smarrita e terrorizzata. Scoppiarono a piangere entrambe, stese a terra, avvolte in un convulso e spasmodico abbraccio.
Quando la porta si aprì, le ragazze ancora singhiozzanti arretrarono spaventate. Non avevano ancora messo a fuoco la piccola stanza dalle pareti bianche. Di fronte a loro la porticina in legno, piuttosto sgualcita, fu spalancata e una forte luce riempì la stanza. Il ragazzo vide le due amiche rannicchiate contro il muro. Era in ombra, con la luce alle spalle, cosicché non lo videro in volto. Ansimava e pareva piuttosto agitato. Le ragazze si strinsero ancora più forte mentre il giovane le guardava senza parlare. Infine entrò, chiuse la porta alle spalle e si accasciò a terra. 
«Chi siete voi due?» domandò dopo aver ripreso fiato.
Gloria allora scattò istintivamente in piedi avventandosi sul ragazzo. Lo tempestò di pugni e anche Jenny la imitò subito dopo.
«Ehi! Mi fate male! Ferme!» gridava il malcapitato.
«Chi diavolo sei? Dove ci hai portato? Maledetto!» urlava Gloria.
«Sei il clown?» domandò Jenny furibonda.
Il ragazzo arretrò intimorito.
«Ma cosa… Il clown? Ma da dove venite? Siete appena arrivate?»
Le amiche si avvicinarono minacciose e il ragazzo si rannicchiò in un angolo, ma non lo colpirono. Qualcosa non tornava. Gloria intuì che forse il ragazzo non centrava nulla con il loro rapimento. Anzi, pareva terrorizzato pure lui.
«Dove siamo?» chiese Jenny esausta.
Il ragazzo si strofinò il volto con il dorso delle mani. Sbuffò.
«Dunque non sapete niente. Oddio, non usciremo mai da questo posto!»
Si alzò dando un forte calcio contro una parete e subito ritrasse il piede dolorante. Gloria si avvicinò alla porta, la schiuse leggermente e sbirciò. La luce la accecò in un istante, poi tutto prese forma. Spalancò la porta incredula e gemette.
«Ma cosa…»
«No!» urlò il ragazzo. Strattonò Gloria e chiuse violentemente la porta.
«Ma sei impazzita? Se ci trovano siamo morti!»
Jenny sgranò gli occhi. Gloria rimase immobile con lo sguardo vacuo.
«Che c’è là fuori? Cosa hai visto, Gloria? Dimmelo!» sbraitò Jenny.
«Non urlare, abbassa la voce!» bofonchiò il ragazzo.
«Stai zitto, tu! Dimmi cosa hai visto, Gloria!» gridò nuovamente l’amica. Con fare deciso si avvicinò alla porta, fece per aprirla, ma si sentì afferrare a un polso. 
«Aspetta! Non aprire!»
Gloria allontanò Jenny dalla porta. Poi si rivolse al ragazzo.
«Ci devi dire dove siamo e cosa sta succedendo. Perché tutto ciò è assurdo. Siamo morte? Siamo impazzite? Perché là fuori non c’è il Luna Park? Eravamo lì quando siamo state rapite.»
«Insomma, Gloria cosa c’è là fuori? Perché non me lo vuoi dire?» ribadì l’amica.
«Sai cosa c’è, Jenny? Niente, non c’è assolutamente niente! E lui credo ci debba delle spiegazioni!»
Jenny arretrò silenziosa e senza farsi vedere spalancò la porta. Il chiarore avvolse nuovamente la stanza, una luce abbagliante, candida. Il colore del nulla. Al di fuori di quella porta solo un ovattato muro bianco.
Jenny fece un passo in avanti, ma il ragazzo fu lesto ad afferrarla e riportarla nella stanza. Gloria in fretta richiuse la porta.
«Adesso raccontaci tutto».

Sebastian raccontò alle due amiche di come il clown l’avesse convinto a entrare nel tendone. Era con altri amici e si divertivano a prenderlo in giro. Il pagliaccio li aveva gabbati. Aveva fatto credere loro che nel tendone c’era una giostra non ancora aperta al pubblico perché troppo pericolosa e li aveva sfidati, dicendo loro che erano dei vigliacchi se non avevano il coraggio di entrare. 
E loro ci erano cascati. Si erano ritrovati legati sulle carrozze, i vagoni si erano messi in moto accelerando in un turbinio impazzito e infine si erano ritrovati in una stanza, proprio come quella. Dopo interminabili ore di angoscia avevano deciso di uscire quando nel vuoto era apparsa una scala. Discendendola uno dei quattro ragazzi era precipitato e non l’avevano più rivisto. Erano rimasti in tre, ma ben presto si erano persi di vista. Lui si era inoltrato in un lungo corridoio che lo aveva condotto alla stanza dove si trovavano le ragazze. 
«Quindi anche tu hai visto quel clown?» domandò Jenny.
«Certamente. È lui che ha architettato tutto.»
«Ma credi sia tutto un trucco? Tipo un illusionista o roba del genere?» chiese Gloria con una vena di speranza.
«Non so. Non ricordo da quanto tempo sono intrappolato in questo posto, ne ho perso la cognizione. Vagando nel vuoto mi sono perso. È una fortuna avervi incontrato.»
«Ma adesso cosa dobbiamo fare?»
«Aspettare. Quando riapparirà un nuovo passaggio potremo uscire da qui. Ma dobbiamo essere veloci. Le scale e i corridoi che ho visto apparire sono svaniti poco dopo. E ho sempre la sensazione che qualcuno ci osservi da qualche parte, là fuori.»
«Ma è un incubo!» gemette Jenny.
«Sì, è un incubo. Ma purtroppo è reale» ribadì Sebastian sconsolato.
Jenny scrutava il ragazzo nella penombra. Pensò che dovevano avere fiducia in lui, d’altro canto non avevano alternative. Le era subito parso un tipo sincero. Aveva l’aspetto del bravo ragazzo, con quegli occhi chiari e il viso pulito di un liceale. I capelli arruffati scendevano sulla fronte in un morbido ciuffo e Jenny ne era rimasta subito attratta. Tuttavia non era quello il momento di fare lo sguardo languido come quando con Gloria e le altre compagne andava ai balli della scuola nel fine settimana. 
Sebastian non si era nemmeno accorto delle occhiate di Jenny, ma non aveva potuto fare a meno di notare la graziosità di Gloria. 

«C’è una cosa che non vi ho detto» esortò improvvisamente Sebastian.
«Cioè?» domandò subito Gloria, voltandosi di scatto.
«Beh… ho visto una cosa che forse è bene che sappiate»
«Dillo, Sebastian. Ti ascoltiamo» rispose debolmente Jenny mentre Gloria la adocchiò in modo interrogativo.
«È difficile da dire, e da capire. Ma è come se fosse stato… un indizio. Quando ero ancora con gli altri ragazzi siamo capitati in una sorta di giardino, molto piccolo. C’erano degli arbusti ricoperti di rami di bacche rosse, avvinghiate come l’edera sui muri. L’erba era verde e il cielo bianco, perché sopra di noi c’era il nulla. A destra c’era un varco, io sono andato a vedere e all’interno, sopra alcuni gradini una porta di legno come questa era aperta. E all’interno…»
«Continua, forza!» lo esortò Gloria.
«Beh… ecco… all’interno c’eravate voi!»
Gloria e Jenny osservarono ammutolite il ragazzo che guardava in terra, imbarazzato.
«Se ci stai prendendo in giro…»
«No! Ve lo giuro!» ribadì con fermezza Sebastian.
«Ma… è assurdo! Se non ci siamo mai mosse da qui!» rispose Jenny indispettita. Forse si era illusa riguardo a quel ragazzo, adesso le sembrava un po’ tocco.
Gloria invece cercava di dare una spiegazione, ma non le veniva alcuna idea plausibile.
«E perché secondo te sarebbe stato un indizio?» domandò lei.
«Beh… temo che siamo finiti in una sorta di gioco diabolico. Quando vi ho viste in quella stanza voi non avete visto me, eravate immobili come statue. Forse l’indizio era quello, cioè che vi avrei incontrate. La vostra immagine infatti è stata trasmessa solo a me, non ai miei amici che erano nel giardino. E infatti vi ho incontrate adesso, che sono rimasto solo. Il clown ci sta usando per divertirsi.»
Gloria era sfinita e Jenny ebbe un attacco d’ira. Sebastian ora le dava sui nervi.
«Tu ci stai prendendo in giro!» sbottò.
«Jenny calmati» reagì l’amica.
«Sicuramente hai visto cose di cui non capiamo il significato e fatichiamo ad accettarle. Cosa credi stia succedendo?»
«Provate a pensare. Siamo stati rapiti tutti in un Luna Park e intrappolati in una sorta di scatola gigante dove  il clown si sta divertendo a gestirci come vuole.»
«Quindi sei sicuro che sia il pagliaccio?»
«Credo proprio di sì.»
«E se invece sei tu sei che ti stai prendendo gioco di noi? Come può essere reale tutto questo?» imprecò Jenny sempre più adirata.
Sebastian non reagì. Capiva lo smarrimento delle ragazze.
Gloria si sedette in silenzio. Era così assurdo, ma in un certo senso anche logico.
Sicuramente erano vittime di uno squilibrato che si divertiva a fare impazzire le proprie vittime. Un gioco demoniaco, come aveva detto Sebastian. Si trattava di un abile prestigiatore, ma dotato anche di tecnologie all’avanguardia per poter creare un ambiente come quello.

Improvvisamente udirono un rumore sordo provenire dall’esterno. Sebastian socchiuse la porta e nella luce accecante apparve una sottile linea nera sospesa nel vuoto che conduceva a una piccola porta. 
«Andiamo! È il momento di uscire, presto!» esortò.
Le ragazze si guardarono atterrite, spiarono verso l’esterno e intravidero il passaggio.
Sebastian era già a metà della linea, si voltò e spronò le ragazze a muoversi. Gloria afferrò la mano di Jenny e avanzò titubante.
«Camminate sempre dritto, sulla linea nera! E non guardatevi intorno» bisbigliò il ragazzo.
A Gloria parve di perdere subito l’equilibrio. Era una sensazione assurda. Mise la mano al di là della linea e la vide scomparire. La ritrasse immediatamente, terrorizzata. Jenny si immobilizzò e chiuse gli occhi. Non voleva proseguire. Singhiozzò mentre Gloria la implorava di proseguire.
Sebastian intanto era arrivato dall’altra parte. In un attimo la stanza dove erano rimasti fino a poco tempo cominciò a svanire nel nulla. Rapidamente anche la linea nera andò accorciandosi e allora gridò con tutto il fiato che aveva in gola.
«Svelte! Sta scomparendo! La linea non c’è più!»
Aprì la porta davanti a sé mentre Gloria trascinò con forza l’amica inerte. Sebastian tornò indietro e aiutò la ragazza a salvare Jenny.
Si precipitarono oltre la porta e la chiusero con forza. 
«Ma vuoi farti ammazzare?» gridava Gloria inveendo verso l’altra ragazza. Jenny piangeva e il suo corpo era scosso da violenti fremiti. L’amica la strinse in un caloroso abbraccio e la baciò sulla nuca.
«Non fare così, Jenny! Vedrai che ne usciremo!»
Sebastian sedeva poco distante, pure lui in lacrime. Singhiozzava silenziosamente, mentre nel centro del pavimento di quella stanza fredda e buia vide aprirsi una botola.

«Entrate. Uno alla volta, prego!» squillò una voce proveniente dal pertugio.
I tre ragazzi all’udire quelle parole si guardarono terrorizzati. Sebastian si mosse per primo. Le due amiche gridarono spaventate.
«Aspetta! Dove vai?» urlò Jenny.
«Può essere pericoloso!» replicò Gloria.
Sebastian si incamminò senza voltarsi. Si fermò a contemplare la fessura illuminata da una luce candida. Si inginocchiò, e senza proferire parola alcuna, si gettò nel vuoto del pavimento. 
Le ragazze gridarono spaventate. 
Poi per qualche minuto la stanza ripiombò nel silenzio. Finché la stessa voce tonante di poco prima le fece sobbalzare.
«Che aspettate? Venite o mie amiche! Una alla volta, prego!»
Gloria si alzò con cautela, fece per avvicinarsi alla fenditura, ma Jenny la afferrò per un braccio.
«Dove pensi di andare?» gridò in lacrime.
«Non abbiamo scelta!» replicò l’amica scostandola dolcemente. Le sorrise, lo sguardo malinconico, poi si voltò e si avvicinò al fascio di luce. Avvertì una folata d’aria calda, inalò avvertendo un forte odore di zolfo. 
Quindi si gettò nel vuoto.
Per pochi istanti le mancò il respiro, ma si sentì cadere in un vagone come quelli usati nelle miniere. Questo si mosse e prese presto velocità. Una luce intensa svelò un gigantesco labirinto di tunnel e rotaie, tutto intorno fiamme altissime e un caldo torrido. Udì un tonfo poco lontano e voltandosi vide l’amica Jenny che a sua volta si era gettata in preda al panico precipitando in un altro carro. Anche questo si mosse all’istante correndo veloce sui binari infuocati.
«Benvenute all’inferno!» ghignò la voce terrificante. 
Le fiamme lambivano le rotaie rendendole roventi, le scintille provocate dallo stridere delle ruote delle carrozze schizzavano come fuochi d’artificio, l’odore del fumo era intenso e violento al punto da rendere faticoso il respiro delle ragazze che a folle velocità attraversavano l’enorme rogo. Gli occhi bruciavano e lacrimavano, Gloria fu colta da un attacco di tosse, mentre Jenny gridava di paura.
Entrambi i vagoni procedevano sulla stessa rotaia pur restando distaccati della medesima distanza. A un bivio si separarono per poi trovarsi a scorrere parallelamente nella stessa direzione. Gloria si sporse per scrutare l’amica, ma Jenny se ne stava accovacciata continuando a gridare. Non vide l’espressione del viso terrificato di Gloria all’imbocco della grossa galleria dall’aspetto di un pagliaccio in fiamme, in fondo alla discesa. Sfrecciarono entrambe dentro a una gigantesca bocca di fuoco, per poi fermarsi all’improvviso. Le vampate svanirono con lo stridere dei freni. La luce affievolì, e tutto divenne nuovamente buio. Le carrozze ripresero lentamente il proprio percorso andando a infilarsi in un vicolo stretto, su un’unica rotaia. Il veicolo di Jenny sobbalzò andando ad agganciare quello di Gloria. Il silenzio, disturbato solo dal cigolio della carovana, durò per qualche istante. Jenny, che aveva smesso di gridare, se ne stava ammutolita, mentre Gloria si sporse per raggiungere l’amica sulla sua carrozza. 
«Jenny! Aiutami a salire» disse.
«Aspetta… Cosa vuoi fare?» domandò lei inquieta tendendo comunque la mano per aiutarla.
«Ti raggiungo!» rispose Gloria.
Una luce in fondo alla galleria rischiarò le carrozze, quindi Gloria spiccò un lieve balzo e si gettò accanto a Jenny. Si strinsero forte restando abbracciate, fino all’uscita dal tunnel. Si fermarono in una sorta di stazione ricavata in una grotta più grande, le rotaie si interrompevano laddove erano sistemate altre carrozze. Scesero entrambe su una pedana e procedettero verso l’uscita. Una tenda con disegnato il volto del clown le attendeva frusciando. La scostarono restando abbracciate e la oltrepassarono. Ne scaturì un applauso, che intuirono provenire da un registratore. 
Al di fuori videro un ragazzo che le aspettava, Sebastian.
Questi applaudì a sua volta.
«Complimenti ragazze! Ce l’avete fatta» sorrise.
Gloria riconobbe quel riso beffardo. 
«Avete inaugurato ufficialmente la mia attrazione. Domani ci sarà un’incredibile folla pronta a ripetere la vostra esperienza. Ma mi raccomando, non parlatene troppo in giro, altrimenti rovinate la sorpresa a chi ci si avventura per la prima volta» enunciò goliardicamente. 
Il ragazzo accennò un inchino e si divincolò in un istante. Jenny, che fino ad allora era rimasta avvinghiata all’amica, si scurì in volto. Si mosse per raggiungerlo, ma questi voltato l’angolo era svanito.
«Si è preso gioco di noi!» sbottò Jenny.
«Già. Era lui l’artefice di tutta questa messinscena. Ma gliela facciamo pagare. Altro che folla domani. Andiamo alla polizia a denunciare tutto!»
Fissarono ancora sbigottite il tendone da dove erano appena uscite, certe di essere scampate alle gesta di un folle e di essere vive per miracolo. Con cautela Gloria si riavvicinò ancora stordita.

Improvvisamente un clown sbucò da dietro il tendone. 
«Ciao!» esclamò «cercavi me?» disse questi abbozzando un leggero inchino e mostrando un fiore.
Gloria arretrò spaventata. Poi urlando di rabbia si avventò contro il pagliaccio, Jenny raggiunse l’amica inveendo pure lei sul clown che nel frattempo era caduto a terra. Alcuni giostrai, sentendo le urla, accorsero e rimasero sbigottiti nel vedere due ragazze che si accanivano contro il clown del tendone che avrebbe aperto i battenti il giorno successivo. Dovettero far intervenire la polizia che a fatica liberò il malcapitato e arrestò le due ragazze.

In paese si sparse subito la voce, le famiglie delle due giovani erano incredule. Le ragazze asserivano di essere state vittime di una esperienza che ai più risultò essere talmente fantasiosa che si pensò che fossero ubriache o che si fossero inventate tutto per difendersi in un modo alquanto bizzarro. 
Dopo qualche ora le ragazze vennero rilasciate e riaffidate alle rispettive famiglie. Dovettero prima però ammettere la loro colpevolezza. Dissero che il pagliaccio le aveva prese in giro e loro avevano perso le staffe.
Il clown dal canto suo continuò a ripetere di essere stato aggredito senza alcun motivo, aveva soltanto offerto alle ragazze un piccolo fiore.
L’indomani alla riapertura delle giostre molti curiosi si addentrarono nel tendone del clown uscendone entusiasti. 
Gloria e Jenny, che erano assolutamente certe dell’esperienza terribile che avevano vissuto, si avvicinarono al tendone, ma restando nascoste. Sentirono alcuni ragazzi ridere, dicevano che sarebbero tornati perché era l’attrazione migliore del Luna Park. Raccontavano che si erano sgolati a forza di gridare sulle montagne russe che filavano a forte velocità nello sfondo di una scenografia degna dei migliori effetti speciali, che era stato incredibile il percorso che li aveva portati ad attraversare il  vulcano prima a piedi e poi con le carrozze e del clown che ogni tanto appariva dando spiegazioni e rassicurandoli durante tutta la durata dell’attrazione.

Le due amiche si allontanarono confuse e smarrite. Lasciarono il Luna Park, in silenzio. Non si erano accorte che dietro di loro un ragazzo con una maschera da clown le seguiva a breve distanza, sghignazzando.

sabato 17 maggio 2014

Maldive, un angolo di paradiso



Dopo un breve scalo a Colombo in Sri Lanka siamo ripartiti sullo stesso aereo e un’ora dopo siamo atterrati a Malè, capitale delle Maldive. Con un idrovolante abbiamo sorvolato un oceano disseminato di atolli e isolette, per poi atterrare... in mare. Con un dhoni, tipica imbarcazione maldiviana, abbiamo finalmente raggiunto la nostra fantastica isola, Moofushi.

La nostra isola, situata nell’Atollo di Ari Sud, è molto piccola, con palme e mangrovie dalle enormi radici a cielo aperto. La si può girare a piedi in dieci minuti! Da quando siamo andati ci sono stati dei cambiamenti, ma ci piace ricordarla come l'abbiamo vissuta. Quando si arriva dal pontile si può accedere al ristorante principale, dove c’è anche il bar e un'ampia sala con divani e tavoli, tutto all’aperto in stile maldiviano. C’è anche una piccola boutique, il centro diving, l’infermeria e la reception, oltre ai bungalow disposti sul perimetro dell’isola, tutti con l’accesso alla spiaggia, e alcuni overwater, simili a palafitte sul mare. La spiaggia è di sabbia bianca corallina e circonda tutta l’isola.
Il nostro bungalow era in stile maldiviano con bagno all’aperto, pavimento in parquet e rifiniture in legno e tetto in foglia di palma. Sulla veranda c’era anche un’amaca. Ottima la vista fronte mare, direttamente sulla spiaggia con l’acqua limpidissima a pochi metri da noi. Essendo su un’isola non sono mancate le formiche e un geko che ogni tanto è venuto a farci visita nel bungalow.

Tra antipasti di carpaccio di pesce, risotti o spaghetti al ragù di pesce e filetti di pesce al cartoccio o al forno o al vapore, insomma quasi sempre pesce, abbiamo mangiato squisitamente. Non ci siamo fatti mancare di certo il cocco, in abbondanza sull'isola, oltre a frutta esotica e tante altre prelibatezze.
Alla sera veniva organizzata un po’ di animazione, ma sempre soft, con gruppi di danzatori e suonatori locali, musica e proiezioni di film e fotografie. Ma la nostra attività preferita di ogni sera è stata quella di andare sul pontile a vedere i pesci attirati dalla luce di un faro e in spiaggia tra decine di granchi a vedere i trigoni (razze enormi che si chiamano anche pastinaca nera) che mangiavano il pesce che gli portava un ragazzo maldiviano.

L’isola è caratterizzata da un ambiente che può apparire selvaggio, ma in realtà è un paradiso di comodità e bellezza. Abbiamo sempre  camminato scalzi, inoltre vigevano alcune semplici regole da rispettare che abbiamo osservato volentieri: telefoni cellulari da tenere rigorosamente in modalità silenziosa, niente televisione se non per occasioni particolari, quiete assoluta e rispetto verso gli altri e l'isola. A Moofushi non ci sono strade, quindi niente auto, niente smog. Solo sabbia bianca e vegetazione fitta, circondate da un mare calmo, trasparente e dai colori meravigliosi.
Di notte il cielo è stellato come non lo si vede mai nelle città. Le costellazioni sono così luminose che sembra di poterle toccare con un dito. Anche di giorno regna il silenzio, si sente solo il rumore delle onde che si infrangono sulla barriera corallina in lontananza, oltre ai richiami dei numerosi corvi, animali protetti alle Maldive.

Molte le specie animali: granchi bianchi che si mimetizzano con la sabbia e granchi belli grossi che la sera riempivano la spiaggia; paguri, granchietti con la loro conchiglia usata come casa; un airone, che volteggiava silenzioso appollaiandosi ogni tanto sugli overwater; pipistrelli enormi, chiamati le volpi volanti, che non siamo mai riusciti a fotografare perchè volavano in alto, sopra le palme; i corvi, che non pensavamo esistessero alla Maldive; i geki, che la sera vedevi sui muri dei bungalow (e a volte anche dentro); e i pesci… centinaia di ogni colore e forma!

Il nostro tempo è trascorso all’insegna del sole e del mare. Qualche nuvola ogni tanto, ma il cielo è stato sempre limpido. Ha piovuto un paio di notti, ma di giorno c’è sempre stato il sole. Faceva caldo, con una temperatura minima di 28°C e max di 30-32°C, ma sempre ventilato. Il sole è molto caldo alle Maldive che sono vicine all’Equatore e senza crema si prendono delle belle scottature! Ogni mattina grazie alla bassa marea abbiamo passeggiato nell’acqua per un bel po’ fino a raggiungere delle zone sabbiose in lontananza nel mare.

Il mare era così limpido e calmo che senza immergerci vedevamo perfettamente i coralli e numerosi pesci, tra cui squaletti, razze, murene, stelle marine e altri molto colorati.

Poi c’era l’ora dello snorkeling. Meglio farlo la mattina visto che nel pomeriggio il mare è più mosso. La barriera corallina che circonda Moofushi ci ha regalato emozioni incredibili. Con maschera, boccaglio e pinne abbiamo imparato a fare del buon snorkeling. Abbiamo nuotato a ridosso della barriera corallina, sul reef, tra il mare aperto e la laguna. La caduta del reef è incredibile, con il sole che splende si vede perfettamente sott'acqua. Coralli di ogni tipo, da quelli a ombrello a quelli dalla struttura molle e agli anemoni, da quelli rossi a quelli neri.
Guardando verso il blu profondo e sentendo a volte le correnti di acqua fredda dell’Oceano Indiano ci sentivamo un po' impauriti. Osservando bene si vedevano grosse cernie e branchi di pesci inoffensivi, ma qualsiasi pescione poteva fare la sua comparsa all’improvviso!

Osservando verso l’interno della barriera corallina e nuotando anche a ridosso dei coralli ci siamo imbattuti in branchi di centinaia di pesci tropicali, grossi e piccoli, dai colori e dalle forme più svariate. Abbiamo visto tutti in pesci del cartone animato della Disney “Alla ricerca di Nemo”: i pesci pagliaccio, arancioni con la riga bianca che, come Nemo, se ne stanno all’interno delle anemoni; i bellissimi pesci chirurgo (Dory), blu e gialli; gli idolo moresco, gialli e neri; i pesci farfalla a muso lungo, gialli con il muso allungato e altri pesci farfalla gialli e neri; i pesci pappagallo dalle sfumature verdi, gialle e azzurre; i pesci unicorno, con un corno sul muso; i pesci balestra, neri, a centinaia; i balestra picasso, stupendi, bianchi dalle striature gialle e nere; i grugnitori orientali, a righe orizzontali bianche e nere con le pinne gialle; i pesci angelo imperatore, grossi e coloratissimi; cernie enormi e pesci imperatore dalla macchia nera quasi trasparenti; i pesci trombetta, che nuotavano a pelo dell’acqua; le murene, nascoste tra i coralli.


Abbiamo visto anche alcune razze e una sogliola del colore della sabbia che si mimetizzava perfettamente sul fondale; gli squaletti, dal colore trasparente, curiosi ma inoffensivi. E una bellissima tartaruga che mangiava su un corallo: le abbiamo nuotato intorno osservandola meravigliati. Un’altra l’avevamo già vista in profondità lungo la caduta del reef. Abbiamo visto anche enormi conchiglie bivalve e un trigone dalla coda chiodata che si dimenava nella sabbia.

Di tempo per prendere il sole ce ne restava poco essendo sempre a passeggiare nell’acqua o a nuotare tra i pesci. Siamo anche andati in canoa facendo il giro dell’isola. Bellissimi poi i tramonti, con il sole che calava verso le otto di sera, arrossando il cielo all'orizzonte, fino all'imbrunire.

Un vero paradiso! Il mare delle Maldive è proprio come si vede nelle cartoline. La sua natura un tempo incontaminata rischia di avvizzire a causa dell'inquinamento globale, e i coralli sono i primi a risentirne. Il mondo non può privarsi di tali bellezze, speriamo in un futuro più attento e responsabile. 



A volte chiudo gli occhi e fingo di immergermi in quelle acque meravigliose, tra fantastici pesci colorati che mi sfiorano, mentre mi accarezza sempre di più l'idea di ritornare per davvero. 
  


martedì 13 maggio 2014

La danza nel bosco ("Giardini d'Irlanda", pp. 40-41)



Ballavano freneticamente, correvano intorno al fuoco e solamente allora riuscii a distinguere chiaramente i loro volti. Avevano l’aspetto di bambini invecchiati, con ciuffi di peli sopra le lunghe orecchie appuntite. Indossavano strani abiti colorati, con scarpe affusolate e buffi cappelli.
E in mezzo a loro una meravigliosa fanciulla danzava leggiadra nel suo candido abito nuziale. Aveva una lunga chioma bionda, un viso dolce e incantevole e due minuscole ali trasparenti sulla schiena. Si muoveva lentamente come una dama di corte in un ballo del settecento, mentre i suoi corteggiatori correvano talmente forte da creare una sorta di vortice.
Il fuoco si alimentò da solo ingigantendosi fino a diventare un enorme falò. Il bosco tutto intorno si illuminò e il buio svanì, lasciandomi allo scoperto.

«…ecco ecco il forestiero, un umano tutto vero. Lui non crede alla magia, Fata buona portalo via!» 

Cercai di urlare ma dalla bocca non fuoriusciva alcun suono; i Folletti continuavano a danzare in quel ballo trotterellante e mi accorsi che, nonostante stessero ballando furiosamente in un pazzesco turbinio, mi osservavano costantemente. La loro testa era sempre girata verso di me, insieme sorridevano, insieme mi strizzavano l’occhio, insieme mi volgevano uno sguardo feroce. I loro occhi mi stavano ipnotizzando, nonostante girassero velocissimi intorno al fuoco senza mai stancarsi e continuassero a cantare, mentre la dolce Fata proseguiva nel suo lento ballo all’interno del cerchio.

«Bighellone furfante mattacchione scapestrato mai sposato senza terra senza soldi pazzo scatenato fiore ammalato mamma dove sei tu non ci sei mai salta balla corri scrivi…»

Stop! Il ballo forsennato si interruppe bruscamente e i Folletti del Vastario si fermarono immobili tutti con lo sguardo rivolto nella stessa direzione, verso la Fata. Lei continuava nel suo ballo come se seguisse una musica tutta sua, il vento si alzò impetuoso scuotendo gli alberi, io ero uno spettatore inerme di fronte a tutto ciò. Con i piedi impigliati nelle radici della quercia e con la mente confusa restai immobile come una statua di marmo, con gli occhi sbarrati e persi nel vuoto. Cercavo di muovere le labbra, ma inutilmente.

La Fata si fermò, accarezzò uno a uno i piccoli Folletti e li gettò nelle fiamme. Se fuori ero di pietra, dentro ero ancora vivo. Il terrore mi agguantava il cuore facendolo battere all’impazzata fino a farlo quasi scoppiare, riuscivo a malapena a muovere le pupille in direzione della meravigliosa fanciulla che si avvicinava. I Folletti caduti tra le fiamme riapparivano saltellando tutti infuocati e mi saltavano intorno come fiammelle impazzite.
La Fata si avvicinava sempre di più, il suo volto scompariva man mano che veniva verso di me. Mi prese la mano e mi condusse verso il fuoco, sentivo le gambe atrofizzate muoversi da sole liberandosi dalle radici, ma non ero io che le comandavo. Le fiammelle si ricomposero in un cerchio e mi ritrovai improvvisamente a danzare con quella bellissima creatura del bosco. I Folletti ripresero il loro aspetto e ricominciarono il ballo forsennato, la Fata mi condusse in mezzo a loro e improvvisamente mi trovai coinvolto in quella danza in continua accelerazione. Il terrore mutò in stupore, la cantilena divenne improvvisamente una melodia irresistibile e quel gioco incominciò a piacermi. Ridendo e cantando a squarciagola danzavo con i Folletti intorno alla Fata che aveva ripreso il suo lento ballo. Cantavo con loro senza nemmeno rendermi conto di ciò che mi stava succedendo.

«Danza danza il poverello, ha scoperto quanto è bello. Fata bella, Fata buona, non ti devi rattristare. Ora noi dobbiamo andare. L’ora è giunta e lo sai bene, sorge il sole…»

domenica 11 maggio 2014

Divertimento e avventura agli Universal Studios


Di buon mattino, a Orlando in Florida, ci siamo recati agli Universal Studios, l'incredibile parco delle attrazioni cinematografiche dove vengono utilizzati set di alcuni famosi film. Prima di entrare si cammina nella City Walk, tra negozi e ristoranti, una zona commerciale posta tra gli Universal Studios e l’Universal’s Islands of Adventure (dove si trovano giochi avventurosi come Jurassic Park o Spider Man).
All’ingresso degli Universal Studios, dopo la famosa sfera che rappresenta la Terra con la scritta “Universal”, si entra nella Production Central dove ci siamo subito recati al cinema dinamico Shrek 4-D. Bella l’introduzione con lo Specchio Magico che parla, Pinocchio e i Tre Porcellini prigionieri in casse di legno appese al soffitto. A Pinocchio si è pure allungato il naso per aver detto una bugia. Molto carino il film con sbuffi d’aria e gocce d’acqua che ti schizzavano addosso quando Shrek starnutiva! Quando siamo usciti c’erano Shrek e Ciucchino a farsi fotografare. 

Ci siamo addentrati nel distretto di New York, sullo sfondo il set dei grattacieli, il Guggenheim e strade ricostruite come la 5th Avenue o Park Avenue. Qui siamo entrati nel Twister… Ride It Out, un vero e proprio tornado che si forma in un piccolo paese come nel film Twister. Tuoni e lampi, poi la pioggia, una macchina che viene spostata dal vento, la benzina che si incendia, una mucca (finta) che vola e l’uragano che si forma davanti ai nostri occhi mentre soffia il vento e ti arrivano schizzi d’acqua: forte!

Esaltati siamo entrati nel Revenge of the Mummy, l’attrazione del film La Mummia: dopo la coda tra i cunicoli egizi, passata la enorme statua di Anubi, si sale sulle carrozze che corrono a gran velocità sulle montagne russe. Per un attimo si va addirittura all’indietro, spericolato!

Camminando per le strade newyorkesi siamo arrivati a San Francisco/Amity, per l’incredibile esperienza dell’Earthquake, il terremoto. Dopo una presentazione sui terremoti che hanno colpito città americane nel passato, si sale su una vera e propria metropolitana. Il cartello indica “Oklahoma City”: tutti a bordo, si parte e si arriva alla fermata successiva dopo pochi secondi. Qui la metro si ferma, un rumore sordo, le luci si spengono per un istante, la terra trema, i vagoni sobbalzano mentre la gente seduta pare preoccupata. Il suono degli allarmi ti assorda, scoppiano le tubature, ci sono fughe di gas. Improvvisamente la parete alla nostra sinistra si squarcia rivelando la città soprastante, si vedono i grattacieli e la strada che precipita nel tunnel trascinando con sé un grosso camion che si abbatte su un pilastro vicino a noi. Il mezzo si incendia e il fuoco (vero) sembra scottarti la pelle quando incredibilmente ecco che dalle scale alla nostra destra si riversa un vero e proprio fiume d’acqua, come un’ondata di piena che riempie tutto il tunnel: spettacolare! Abbiamo vissuto un terremoto nel set dell’omonimo film, provando persino paura, veramente bello.


Provati e carichi di adrenalina ci siamo imbarcati per un giro nel lago di Jaws, il set del film Lo Squalo. Il ragazzo che guidava la barca (un burlone) urlava e sparava allo squalo che ogni tanto emergeva dall’acqua. Sembrava deludente fin quando lo squalo non si è avventurato nel porticciolo andando addosso ai barili di gasolio che si sono improvvisamente incendiati emanando un forte calore. Bello, con il finale che vede lo squalo ucciso dal nostro “marinaio”. Poi fotografia all’enorme squalo bianco appeso a testa in giù.

Superati The Embarcadero e Amity Avenue siamo entrati nel World Expo dove abbiamo affrontato gli alieni di Men in Black - Alien Attack, sparando dalle astronavi e totalizzando punti. Bello l’ingresso con alieni che sembravano veri seduti davanti ai computer mentre scorrevano immagini da un enorme schermo. C’erano anche tutte le armi del film in una bacheca.

Poi passando davanti all'attrazione dei Simpson abbiamo visto anche Back to the Future, il negozio con la macchina di Ritorno al Futuro. Un pranzo veloce con hot-dog e patatine e poi siamo andati nella Woody Woodpecker’s Kid Zone, dove c’era Fievel’s Playland con scivoli e giochi d’acqua per bambini (uno a forma di scheletro di dinosauro) e la zona di Picchiarello. Qui siamo entrati in un’area di giochi d’acqua fantastica: un castello dove i bambini si divertivano a spararsi con fucili d’acqua, riempivano secchi e fioriere e le rovesciavano al di sotto. E al suono della campana un enorme secchio si rovesciava in una gigantesca cascata sui bambini che accorrevano numerosi. In parte c’era un altro castello con fucili e migliaia di palline.

Abbiamo visto Picchiarello e anche Scooby Doo prima di entrare nell’attrazione di E.T. Adventure. All’ingresso ci hanno chiesto il nostro nome, poi con una tessera che abbiamo riconsegnato poco dopo, siamo saliti sulla bicicletta che si è levata in volo sulla città e sulla foresta proprio come nel film. All’uscita E.T. ci ha salutato chiamandoci per nome, divertente!

Quindi siamo andati nel teatro di Animal Actors, con l’esibizione di alcuni animali attori tra cui il cagnolino di Men in Black oltre a un cane simile a Lessie, una scimmia, uccelli e tanti altri.

Percorrendo la Sunset Boulevard siamo entrati a Hollywood in Hollywood Boulevard e in Rodeo Drive, tra auto d’epoca e Drive In. Visto il negozio di Betty Boop siamo corsi nella zona newyorkese per assistere al concerto dei Blues Brothers, praticamente uguali, arrivati con l’auto della polizia. Molto bravi anche a cantare. 

Quindi siamo ritornati nella zona hollywoodiana per entrare nel Terminator2 - 3D: un cinema tridimensionale con attori veri che entravano sparando in sala prima di rientrare nello schermo, c’era anche Terminator sulla sua moto mentre robots veri apparivano ai lati della sala sparando con i fucili laser. Gli schermi erano anche laterali oltre a quello centrale, la lotta si è infine conclusa con una bomba nel film che ha riempito la sala di fumo, spettacolare! Infine siamo entrati in un altro cinema dinamico, il Jimmy Neutron’s Nicktoon Blast, pure questo molto bello con le poltrone che sobbalzavano.

Nel tardo pomeriggio siamo usciti e abbiamo passeggiato nella City Walk dove abbiamo visto l’Hard Rock Cafè di Orlando e l’NBA Store con le impronte nel cemento dei grandi campioni di basket. C’era perfino un chiosco giamaicano con in mezzo un aereo! Siamo così rientrati verso l’hotel, ma prima ci siamo mangiati una bella bistecca in una tipica steak house americana, il Chicago One. Passeggiando sulla International Drive abbiamo visto un’altra delle stranezze di Orlando, una casa costruita completamente storta rispetto alla strada. 

Che dire! Qui tutto è spropositato. Si vivono forti emozioni, descriverle non basta a far capire quanto stupore abbiamo provato e quanto ci siamo divertiti!