venerdì 28 marzo 2014

"Ritorno al futuro" con l'ora legale



Nella notte tra sabato 29 e domenica 30 marzo torna l'ora legale. Ovvero facciamo tutti un balzo nel futuro!
Si devono spostare in avanti di un'ora le lancette dell'orologio, anche se nell'era digitale molti dispositivi elettronici si aggiornano automaticamente.
Eccoci allora come il fantomatico inventore "Doc" nel film "Ritorno al futuro" che sulla torre dell'orologio del municipio aspetta il fatidico momento per far tornare il suo giovane amico Marty nel futuro. Il nostro futuro è di un'ora sola, ma sempre di futuro si tratta.
Alle 2 di notte le lancette vanno spostate in avanti per allinearsi all'ora legale, questo consentirà ai paesi che aderiscono un notevole risparmio energetico.
Questa "luminosa" idea venne a Benjamin Franklin nel 1784, durante un esperimento per risparmiare energia, e agli inizi del Novecento fu introdotta nei paesi europei, tra cui l'Italia, ma è dal 1996 che l'utilizzo dell'ora legale è stato adottato ufficialmente.
Le giornate da qui in avanti saranno sempre più lunghe per qualche mese. Perderemo un'ora di sonno (o di baldoria per chi vive la notte), ma si risparmierà la bellezza di più di 600 milioni di Kw/ora, e quindi di parecchi milioni di euro. E ne guadagneranno anche la nostra salute e il nostro umore, con tanta luce in più a scaldare e illuminare le nostre giornate. Il nostro fisico assorbirà in breve tempo questa variazione temporale, chi più chi meno. L'effetto jet-leg (come per il fuso orario) da molti non verrà nemmeno avvertito, per altri si smaltirà nella peggiore delle ipotesi in pochi giorni.
L'opinione pubblica si divide da sempre in modo equo sull'utilizzo dell'ora legale. Ma comunque la si voglia vedere, il 26 ottobre torneremo all'ora solare, recuperando l'ora perduta.

venerdì 21 marzo 2014

Un nuovo arrivo in cantina



«Eccone un altro» brontolò il vecchio decrepito. Aveva molti anni e non gradiva le nuove compagnie.
«Si sta sempre più alle strette qui» sbottò il suo amico, un elegante e nobile corvino, sdraiato su un letto logoro e legnoso.
Minuscole particelle di polvere fluttuavano nell’aria, satura di un odore antico, che sapeva di muffa. Deboli raggi di sole penetravano nell’oscurità. Uno di essi si posò sul giovane, illuminandone il volto pallido e vellutato, leggermente rosato.
Il nuovo arrivato si adagiò, debole e leggero, sul legno sgualcito. Pareva smarrito tra tutti quegli anzianotti impolverati che lo scrutavano in silenzio. Loro erano di carattere, fieri e decisi, e lui, così tranquillo, si sentì improvvisamente d’intralcio.
«Non temere» disse uno dall’aria frizzante «con il tempo ci farai l’abitudine. Fanno i sostenuti, ma sanno anche essere piacevoli e di compagnia».
Un vecchio barbuto lo osservava taciturno, mentre uno dall’aspetto asciutto sorrideva amaramente. In un angolo buio se ne stava un altro, corposo e dall’aria primitiva. Era rosso e scuro, pareva stanco e molto turbato. 
L’umidità avvolse rapidamente il giovane che si sentì raffreddare.  
Un brunetto raffinato lo osservava con aria di sfida.
«Novellino, da dove vieni?» gli chiese maliziosamente.
Nel frattempo giunsero alcuni giovani curiosi. 
Uno era nero e si diceva avesse la vista annebbiata: non distingueva un merlo da una coda di volpe. 
Un altro, molto più chiaro e profumato, ribollì alla notizia del suo arrivo. 
«Non credere di essere il migliore!» esclamò tra lo stupore di tutti.
Quello più secco, dall’aspetto verdognolo, si avvicinò con cautela. 
«Hai l’aria sfuggente, tipico dei nuovi arrivati. Vi ritenete dei brillanti, ma dovreste essere più equilibrati!» disse con enfasi.
Il giovane si spazientì. 
Non era stato portato lì per essere tenuto in disparte. 
Così parlò.
«Avete ragione. Sono magro e immaturo. Ma migliorerò. Diventerò generoso, saprò essere morbido, ma anche vigoroso se necessario».
«Ah! Ha abboccato!» esclamò improvvisamente un ricco francese «ti abbiamo scosso? Quaggiù ci annoiamo, il tempo scorre lentamente. Così quando arriva uno nuovo ci divertiamo e lo inebriamo un po’».
Il giovane sembrò meravigliato. Esaminò in silenzio i suoi nuovi compagni, ora tutti piuttosto allegri. Altri vini come lui, più o meno giovani, riposavano insieme nella frescura della dispensa umida. Avrebbe trascorso molto tempo con loro. Si lasciò accarezzare dai sogni che lo invasero dolcemente prima di essere avvolto in un lungo torpore.

domenica 16 marzo 2014

I segni della guerra



Nel corso del viaggio in Bosnia Erzegovina raggiungiamo Mostar, una città simbolo della guerra scoppiata tra il 1992 e il 1995. Il cielo è limpido, è una bella giornata di sole, l'aria è fresca e pulita. Ma questa piacevole sensazione dura solo pochi istanti, qui c'è stata la guerra e ha lasciato il segno. Molte case e palazzi ne danno la drammatica testimonianza, si vedono ancora i segni degli spari delle mitragliatrici, alcuni palazzi sembrano formaggi rosicchiati dai topi, tanti sono i fori dei proiettili di grosso calibro che tappezzano i muri. Una ragazza del posto ci racconta cosa è accaduto in quei terribili e lunghi anni e come si vive ora a Mostar. Ai tempi della guerra lei era una bambina, con i suoi occhi ha vissuto l'orrore che ha sconvolto la sua famiglia e la gente del suo paese. Prima l'invasione serbo montenegrina e la resistenza delle forze croate e bosniache, poi il massiccio bombardamento da parte dei croati bosniaci contro il quartiere musulmano per il controllo della città. Una spaventosa guerra civile, prima croati contro serbi, poi bosniaci croati contro bosniaci musulmani, persone che prima erano amiche o anche parenti, vicini di casa, coinquilini dello stesso palazzo, si sono trovati a combattere l'uno contro l'altro, fino al cessate il fuoco del 1994 con la divisione della città, poi riaperta nel 1996. Mostar risulta divisa in due da una linea immaginaria, dove da una parte vivono i cattolici e dall’altra i musulmani. La parte vecchia, il centro di Mostar, nel quartiere musulmano, è il luogo più interessante da visitare. Qui si erge il famoso Ponte Vecchio, bombardato durante la guerra, e ricostruito subito dopo. La sua forma a mezzaluna fu voluta apposta dal sultano turco ai tempi della sua costruzione. Sono numerose le moschee con i minareti, ci sono tante boutique di artigianato locale e anche botteghe che vendono cimeli di guerra. Mi vengono offerti portachiavi con proiettili, ci sono divise militari sgualcite, tute mimetiche, anfibi, oggetti di ogni tipo. Assistiamo anche alla proiezione di un filmato della distruzione del ponte. Numerosi colpi di mortaio ne frantumano la pietra antica, la sgretolano come si sgretola la fragile vita umana, accecata dall'odio e dalla violenza. La polvere ricopre tutto, i boati sono assordanti, le lacrime rigano il viso annerito della povera gente in fuga da quello che ormai è solo un conteso campo di battaglia. Anche i nostri occhi si riempiono di quelle lacrime amare. La guerra è terribile, devastante, sconvolgente. Cancella ogni prospettiva futura, proibisce di sognare. La guerra è morte.Occorrono anni perché la città possa tornare alla normalità, la ricostruzione è lunga. Il ponte viene ricostruito e finito nel 2004, vengono utilizzate anche alcune pietre e detriti caduti nel fiume durante il bombardamento dei croati. Lo osservo nella sua imponente forma a mezzaluna che svetta verso il cielo. Scendo lungo l'argine del fiume per ammirarlo nella sua integra bellezza. Quanto è triste l'essere umano che si accanisce nella distruzione. Da lassù alcuni ragazzi si esibiscono in tuffi pazzeschi per una mancia di pochi euro. Si tuffano come professionisti, gridano di gioia e cercano l'applauso dei curiosi. Sono giovani, forse loro non c'erano ancora quando il ponte veniva distrutto, ma a modo loro lo tengono vivo.Il campanile della chiesa appena al di là della strada che ci riporta nel quartiere cattolico ha una storia bizzarra nonché divertente: costruito prima dell’avvento di Tito, il dittatore jugoslavo, fu circondato da palazzi in perfetto stile comunista, realizzati apposta più alti del campanile stesso per nasconderlo. Con la guerra la chiesa e il campanile furono distrutti. Quindi nella ricostruzione postbellica venne realizzato ancora più alto dei casermoni che prima lo tenevano in ombra. Questa città non smette di stupire, è ammaliante e seducente, la contrapposizione politica e religiosa è ancora forte, ma c'è voglia di vivere, di crescere e di riaffacciarsi positivamente al mondo. Questa deve essere la sua forza. Non deve mai più accadere che sia la forza a riprendersi i valori e gli ideali di questa città.

mercoledì 12 marzo 2014

Il Generale Inverno e la Principessa Primavera



Notizie dal fronte:
“Il Generale ha dato ordine alle sue truppe di cominciare la ritirata. Nelle città e in pianura già da giorni la popolazione si è accorta che qualcosa sta decisamente cambiando. Il Generale per ora si è rifugiato sulle montagne, a quote molto alte.”

Dopo mesi di assedio il Generale Inverno è stato spodestato. L'avanzata della Principessa Primavera ha dato uno scossone all'intero sistema. Il mondo cambia nuovamente, in un lento, ma continuo alternarsi di stagioni. Il sole scalda la terra, i colori cambiano, nuovi odori riempiono l'aria. Il grigiore del cielo è mutato in una azzurra e limpida volta celeste. La pioggia incessante da settimane ha esaurito le sue ultime gocce invernali, le nubi si sono dissolte tra lucenti raggi solari. Gli alberi spogli e avvizziti hanno alzato le proprie fronde al cielo in un gesto liberatorio, scrollandosi di dosso la polvere e colmandosi di minuscoli bocciuoli che sono esplosi di gioia al primo tepore. Magnolie, peschi, mandorli, tutti gli alberi si sono tinti di meravigliose sfumature bianche, rosa e violacee. Le siepi e i cespugli sono rinvigoriti, colorandosi di un verde acceso, alcuni striati di rosso. Sono comparse piante dai petali dorati, arbusti con foglioline neonate, e nei prati margherite, tulipani e fiori a centinaia. La Principessa Primavera mostra tutta la sua forza al Generale che arretra avvilito. Non si può dire che quest'anno il Generale Inverno non sia stato clemente. In molti ricorderanno le annate in cui aveva dato dimostrazione della propria forza. Il gelo e la neve avevano invaso le città, dominando per giorni o settimane. Ma non quest'anno, dove l'Inverno è stato piuttosto mite. A molte persone il Generale non fa paura, anzi adorano le sue manifestazioni. Ma altri lo temono. Le sue armi possono essere micidiali, dalla nebbia al ghiaccio, dal freddo alla neve. Quest'ultima è l'evento culmine, la massima dimostrazione del suo essere Inverno. E nella sua dura presa di posizione sfoggia quest'arma di candida bellezza. La neve è soffice e leggera, e il suo manto evoca riflessioni magiche. Ma nella sua poetica innocenza la neve è anche letale, se arriva abbondante riesce a far saltare gli equilibri e gli schemi dell'esistenza quotidiana. Ecco allora che la Principessa mette tutti d'accordo, simpatizzanti e avversari del Generale. La Primavera è simbolo della rinascita, della vita che sboccia, di qualcosa che ricomincia. Le giornate sono meno buie, il sole scalda i cuori più duri, la speranza riappare come la luce in fondo al tunnel. Il Generale è notoriamente un tipo scorbutico, ma si sa, alla fine cede sempre al fascino della Principessa. La loro è una lotta eterna, come quella tra il suo fido alleato il Principe Autunno e la Regina Estate. Quante battaglie durante i cambi di stagione, eppure questa loro costante avversità è necessaria alla sopravvivenza di tutto ciò che ci circonda. La nostra vita è legata ai mutamenti climatici delle diverse stagioni, se così non fosse allora avremmo di cui preoccuparci. Meglio non interferire con Madre Natura, anche se forse lo abbiamo già fatto. 
“Benvenuta Primavera” quindi, e un “arrivederci Generale”, se amiamo il mondo e la natura, non dobbiamo temerti.

giovedì 6 marzo 2014

La forza delle mimose



La mimosa è una pianta molto delicata e ha bisogno di crescere in un clima mite e confortevole. Teme la rigidità dell'inverno che può farla seccare fino a provocarle la morte.
La donna è un fiore che sboccia, è il simbolo della vita. Ha bisogno di un ambiente idoneo per la propria sopravvivenza, ma sa anche che deve lottare con tutte le sue forze per non avvizzire. La rigidità dell'inverno è sempre in agguato, ma la sua forza e il suo calore possono affrontarlo senza timore.

“Un giorno un ragazzo camminando in un prato si imbatte in una pianta di mimose. Si ferma estasiato dalla bellezza dei suoi fiori. Il sole è caldo e soffia un leggero venticello. Il ragazzo si avvicina, con le dita raccoglie delicatamente un ramoscello, se lo avvicina senza spezzarlo, e lo annusa. Il profumo è dolce e soave, ne resta inebriato. La pianta è veramente bella, delicata, ma così rigogliosa allo stesso tempo. Ne rimane rapito e affascinato, come in un sogno.
Improvvisamente alcune nubi minacciose oscurano il sole, il vento si alza scuotendo violentemente la pianta. Il ragazzo arretra intimorito, il sibilo del vento è così forte che tra i rami delle mimose pare di udire alcune voci. Il vento diventa un uragano, il ragazzo si deve aggrappare a qualcosa per non volare via, così si avvinghia alla pianta cercando riparo. Le voci ora sono reali, le percepisce in modo distinto. Sono voci di donna, paiono lamenti, grida di dolore e paura. I ramoscelli sembrano spezzarsi e i fiori volare via, scomparendo nel nulla. Il ragazzo teme il peggio, non sa che fare, allora abbraccia vigorosamente la pianta che lo sta proteggendo, e a suo modo cerca di contraccambiare l'aiuto coprendola dal vortice impetuoso che si sta abbattendo su di lei. La voce delle mimose è surclassata dal frastuono della tempesta, ma la pianta resiste con tenacia e all'improvviso un canto meraviglioso e potente esplode dai fiori che reagiscono con veemenza. Il ragazzo rimane aggrappato alla pianta in quell'abbraccio reciproco e protettivo, si unisce al canto delle mimose che rimbomba nel cielo annichilendo tutta quella furia che in un lampo viene spazzata via.
Il cielo si sgombra dalle nubi, i raggi del sole irradiano il prato dove le mimose e il ragazzo ora sorridono felici. Una leggera brezza torna a soffiare delicatamente, l'aria si riempie di un dolce profumo e ogni cosa si tinge dei colori delle mimose che riempiono e gonfiano di gioia il cuore del ragazzo e del mondo intero”.

La donna è la mamma, la moglie, la figlia, la sorella, la nonna, la zia, la cugina, la cognata, la suocera, l'amica, l'amante, la collega, la vicina di casa... la donna è la mimosa che vuole crescere nel mondo senza quella rigidità che la vuole avvilire portandola al deperimento e alla morte.

Possano quindi tutte le mimose sbocciare e fiorire nella loro integrità e bellezza verso un futuro migliore.

sabato 1 marzo 2014

La maschera di ferro



Il caos regna nella piazza, migliaia di coriandoli volano nell'aria spinti dal vento come fiocchi di neve, cadendo poi a terra su di un letto dai colori dell'arcobaleno. Stelle filanti e palloncini, fischietti, trombe e fuochi d'artificio. La festa del Carnevale è cominciata, nella piazza si sono radunate tantissime persone, ognuna indossa una maschera o un costume colorato.
Ci sono Pulcinelle e Arlecchini, pirati e cow-boy, principesse e cavalieri, fate e maghi, draghi e leoni. Gli adulti si mescolano ai bambini, tutti mascherati per un'unica grande festa. Si canta e si balla, si gioca e si scherza, ci sono frittelle e lattughe, vino e bevande a volontà.
Un ragazzo è in mezzo alla piazza, una maschera attira la sua attenzione. E' scura, quasi nera. Chi la indossa è un uomo o una donna, non lo può sapere, il suo volto è celato da quella strana e cupa maschera. Il ragazzo si avvicina incuriosito. Questa persona è ferma, immobile in mezzo a tanto trambusto.
Ora il ragazzo gli è di fronte. Vorrebbe toccare la maschera, allunga le mani, ma poi le ritrae intimorito. Questa persona non si muove, è impassibile. Si fa coraggio, alza di nuovo le mani verso quel volto coperto. Con la punta delle dita sfiora la maschera, percepisce che è fredda. Poi la tocca con entrambe le mani, è gelida e di ferro. Il cuore palpita forte, il ragazzo è confuso. Perché quell'individuo bizzarro non reagisce? Allora si convince che deve togliergli quell'assurda maschera, forse ha bisogno di aiuto. Eppure non glielo sta chiedendo. Ma è testardo, non è logico che in mezzo a una festa così bella qualcuno se ne stia lì da solo e per di più con indosso una maschera orribile e pesantissima.
Ormai ha deciso, gliela deve sfilare. La stringe con forza e cerca di levarla tirandola verso l'alto. Ma la maschera non si muove. Riprova più volte, ma inutilmente.
Poi all'improvviso una luce lo acceca, qualcosa preme sulla sua testa, e in pochi istanti diviene tutto buio. Sente ancora i rumori della festa, ma sembrano più lontani. Eppure si trova ancora nel centro della piazza. Il ragazzo si tocca il volto con le mani e si accorge con orrore che sta indossando quella maschera che cercava di togliere dalla persona che aveva di fronte. La maschera è tremendamente pesante, lo opprime, lo soffoca. Ci sono due piccole fessure vicino agli occhi, dove poter vedere. Il ragazzo si muove spaventato, gli altri non sembrano badare a lui, in tutta quella confusione ed euforia. Si guarda intorno e cerca la persona a cui voleva sfilare la maschera e che a quanto pare l'ha tolta all'improvviso mettendola a lui. Con le mani prova a togliersela, ma sembra impossibile. Aderisce perfettamente al suo viso.
Poi scorge una figura che si allontana nella folla. Indossa gli stessi vestiti della persona che portava prima la maschera. La rincorre, ma il suo corpo si muove lentamente, come se fosse appesantito da quella maschera di ferro che lo indebolisce. Pare tutto un incubo. Infine riesce a farsi forza e a raggiungere quello strano personaggio che si sta dileguando. Lo strattona bruscamente afferrandolo per le spalle. Questi non si vuole voltare, allora il ragazzo grida di rabbia, ma la sua voce rimbomba solo nella maschera che indossa. Ne nasce un parapiglia, quella persona non si vuole far riconoscere e cerca di nascondersi. Si azzuffano e cascano a terra. Si sente impazzire. Sfoga la sua ira sullo strano individuo, lui reagisce colpendolo a sua volta. Ma il ragazzo non è ancora riuscito a vederlo in volto. Improvvisamente questi si gira, il suo viso è orripilante, ride, si contorce in un ghigno spaventoso e inveisce sproloquiando ingiurie e calunnie su di lui. La sua voce è assordante, pare una mare in burrasca.
Il ragazzo lo osserva bene, il suo volto seppur raccapricciante gli è familiare. Ha un tuffo al cuore. Si sente gelare. E' uguale a lui. Il ragazzo cerca di strapparsi la maschera, ma non occorre perché questa si scioglie, si liquefa in pochi istanti.
La piazza ora è vuota, sembra che non ci sia stata alcuna festa di Carnevale. Il suo alter-ego ora pare più disteso, i suoi occhi lo studiano come lui osserva i suoi. Gli sembra di guardarsi allo specchio. Vede il riflesso della sua anima, la sua coscienza. Intuisce quanto potrebbe diventare orribile se non si decide a migliorare la propria vita.
Di fronte a lui ora c'è davvero uno specchio. Il volto della persona che vede è davvero il suo. E' più sereno. Il ragazzo sospira, non sa bene cosa sia accaduto, ma sa che forse ne sta uscendo.
Si gira e si allontana lentamente. Dopo qualche passo si volta e scopre che lo specchio non c'è più. Il ragazzo si sente più leggero, capisce di essersi liberato di quella parte di sé che era crudele e meschina. Sente suonare la musica, vede gente allegra e felice. Corre, sta per cominciare la vera festa.