domenica 16 marzo 2014

I segni della guerra



Nel corso del viaggio in Bosnia Erzegovina raggiungiamo Mostar, una città simbolo della guerra scoppiata tra il 1992 e il 1995. Il cielo è limpido, è una bella giornata di sole, l'aria è fresca e pulita. Ma questa piacevole sensazione dura solo pochi istanti, qui c'è stata la guerra e ha lasciato il segno. Molte case e palazzi ne danno la drammatica testimonianza, si vedono ancora i segni degli spari delle mitragliatrici, alcuni palazzi sembrano formaggi rosicchiati dai topi, tanti sono i fori dei proiettili di grosso calibro che tappezzano i muri. Una ragazza del posto ci racconta cosa è accaduto in quei terribili e lunghi anni e come si vive ora a Mostar. Ai tempi della guerra lei era una bambina, con i suoi occhi ha vissuto l'orrore che ha sconvolto la sua famiglia e la gente del suo paese. Prima l'invasione serbo montenegrina e la resistenza delle forze croate e bosniache, poi il massiccio bombardamento da parte dei croati bosniaci contro il quartiere musulmano per il controllo della città. Una spaventosa guerra civile, prima croati contro serbi, poi bosniaci croati contro bosniaci musulmani, persone che prima erano amiche o anche parenti, vicini di casa, coinquilini dello stesso palazzo, si sono trovati a combattere l'uno contro l'altro, fino al cessate il fuoco del 1994 con la divisione della città, poi riaperta nel 1996. Mostar risulta divisa in due da una linea immaginaria, dove da una parte vivono i cattolici e dall’altra i musulmani. La parte vecchia, il centro di Mostar, nel quartiere musulmano, è il luogo più interessante da visitare. Qui si erge il famoso Ponte Vecchio, bombardato durante la guerra, e ricostruito subito dopo. La sua forma a mezzaluna fu voluta apposta dal sultano turco ai tempi della sua costruzione. Sono numerose le moschee con i minareti, ci sono tante boutique di artigianato locale e anche botteghe che vendono cimeli di guerra. Mi vengono offerti portachiavi con proiettili, ci sono divise militari sgualcite, tute mimetiche, anfibi, oggetti di ogni tipo. Assistiamo anche alla proiezione di un filmato della distruzione del ponte. Numerosi colpi di mortaio ne frantumano la pietra antica, la sgretolano come si sgretola la fragile vita umana, accecata dall'odio e dalla violenza. La polvere ricopre tutto, i boati sono assordanti, le lacrime rigano il viso annerito della povera gente in fuga da quello che ormai è solo un conteso campo di battaglia. Anche i nostri occhi si riempiono di quelle lacrime amare. La guerra è terribile, devastante, sconvolgente. Cancella ogni prospettiva futura, proibisce di sognare. La guerra è morte.Occorrono anni perché la città possa tornare alla normalità, la ricostruzione è lunga. Il ponte viene ricostruito e finito nel 2004, vengono utilizzate anche alcune pietre e detriti caduti nel fiume durante il bombardamento dei croati. Lo osservo nella sua imponente forma a mezzaluna che svetta verso il cielo. Scendo lungo l'argine del fiume per ammirarlo nella sua integra bellezza. Quanto è triste l'essere umano che si accanisce nella distruzione. Da lassù alcuni ragazzi si esibiscono in tuffi pazzeschi per una mancia di pochi euro. Si tuffano come professionisti, gridano di gioia e cercano l'applauso dei curiosi. Sono giovani, forse loro non c'erano ancora quando il ponte veniva distrutto, ma a modo loro lo tengono vivo.Il campanile della chiesa appena al di là della strada che ci riporta nel quartiere cattolico ha una storia bizzarra nonché divertente: costruito prima dell’avvento di Tito, il dittatore jugoslavo, fu circondato da palazzi in perfetto stile comunista, realizzati apposta più alti del campanile stesso per nasconderlo. Con la guerra la chiesa e il campanile furono distrutti. Quindi nella ricostruzione postbellica venne realizzato ancora più alto dei casermoni che prima lo tenevano in ombra. Questa città non smette di stupire, è ammaliante e seducente, la contrapposizione politica e religiosa è ancora forte, ma c'è voglia di vivere, di crescere e di riaffacciarsi positivamente al mondo. Questa deve essere la sua forza. Non deve mai più accadere che sia la forza a riprendersi i valori e gli ideali di questa città.

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